Lettera Aperta al Direttore di Radio Erre di Gioacchino Di Martino

Caro Direttore, la seduta del Consiglio comunale dello scorso 30 Aprile sarà ricordata per molto tempo nella storia politica della città. E sarà un ricordo condiviso perché entrambi i protagonisti ricorderanno quella seduta come quella nella quale hanno dato una lezione di democrazia alla parte avversa. Qualcuno riterrà che quella seduta sia da ricordare perché c’era bisogno di esibire una prova muscolare nei confronti di miscredenti che si ostinano a proclamare un verbo contrapposto a quello ufficiale di Palazzo Volpini e qualcun altro, invece, la ricorderà come il giusto epilogo, negativo, di un crescendo di comportamenti certamente discutibili se non addirittura istituzionalmente scorretti.

Al netto di ogni retropensiero, dettati spesso più dalla pancia che non dalla razionalità, se invece si analizzano le cause che hanno fornito la miccia per dar fuoco alle polveri, che da tempo si accumulavano nell’Aula consiliare, una delle conclusioni a cui si può arrivare è quella della disparità di vedute sul ruolo e sulla funzione che maggioranza ed opposizione sono titolate a svolgere nel governo della città. E non è cosa da poco conto perchè l’attuale maggioranza consiliare è diventata tale sull’onda di una promessa di discontinuità nei confronti di una politica giudicata vecchia, incapace non solo di rinnovarsi ma che soprattutto non aveva rispetto della minoranza.

Accuse certamente gravi ma che allo stesso tempo hanno aperto, in molti, una speranza di cambiamento nei confronti del passato. Passato che, invece, puntualmente ritorna, questa volta sotto forma di alibi, per giustificare una perniciosa continuità nella gestione della cosa pubblica cittadina. Sembra quasi di leggere lo slogan “lo avete fatto voi ed ora lo facciamo noi.” E di certo questo non è il miglior viatico per l’attività che si è riproposta di svolgere una coalizione che ha fatto del rinnovamento il proprio vessillo di combattimento.

Perché la dialettica politica si è trasformata in un vero e proprio combattimento e i competitor da avversari sono diventati nemici. Nemici cui addebitare proprie lacune o mancanza di visione strategica che non sia una fideistica ed acritica riproposizione di provvedimenti che, nel caso in discussione, mal si conciliano con il tessuto urbano della città. Nemici cui addebitare finanche la propria mancanza di autorevolezza nei confronti di organismi sovracomunali.

E sopra queste miserie spicca glorioso il vessillo della demagogia. Demagogia che trova la sua massima manifestazione oratoria nei monologhi fatti in occasione di ricorrenze in cui la fascia tricolore sembra trasmettere, una volta indossata, un senso di superiorità che fa retrocedere, in secondo piano il vero significato di quella fascia. Un significato che mal si concilia con quell’atteggiamento, di mal celata sufficienza, che si assume nei confronti delle opposizioni nel massimo consesso cittadino di rappresentanza della Democrazia. Quella Democrazia che, tanto conclamata e tanto esaltata una settimana prima, nella seduta del Consiglio del 30 aprile è stata violentemente offesa con la lettura da parte del primo cittadino, senza possibilità di replica, di un comunicato nel quale, esclusa la retorica riguardante la parte relativa alla liceità di iniziative democratiche, veniva contestato alle opposizioni  il “fantasioso narrato” del contesto nel quale la raccolta firma sul BICIPLAN è stata organizzata, si è sviluppata e sta continuando a procedere.

Parole che, se pronunciate da un qualunque cittadino ed al di fuori di qualunque sede istituzionale, non avrebbero nulla di rilevante, perché rientranti in una normale dialettica politica, ma se pronunciate dal primo cittadino, nella sua duplice veste di presidente dell’Assemblea e di Sindaco, allora ci si trova non già solo di fronte ad uno sgarbo istituzionale ma di fronte ad un vero e proprio vilipendio nei confronti di soggetti dotati di particolare dignità sociale, quali possono essere considerati i Consiglieri comunali nell’esercizio delle proprie funzioni.

Ecco caro Direttore, io non credo che chi è investito di responsabilità pubbliche possa nascondersi dietro il facile alibi di “fate come dico ma non fate come faccio” perché la Democrazia è il fondamento del vivere comune e non va solo declinata ma va vissuta sempre. Qualcuno afferma che un buon democratico è colui che tiene conto delle opinioni altrui e questo è ancora più vero in una realtà dove la maggioranza assoluta degli elettori non è rappresentata da chi governa.

Con viva cordialità. Gioacchino Di Martino

Porto Recanati 4 maggio 2024 

 

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