Oggi Giuseppa Polverigiani ha compiuto 100 anni! Ha festeggiato insieme alla sua famiglia e al Sindaco Angela Barbieri.

Da tutta l’Amministrazione Comunale di Montefano tantissimi Auguri di Buon Compleanno e congratulazioni, Giuseppa, per il traguardo raggiunto!

Di seguito il bellissimo racconto che ne traccia Pier Marino Simonetti:

 
C’è un antico palazzo in piazza a Montefano, sul suo lato di settentrione, da quasi cinque secoli cardine architettonico del conglomerato urbano del paese. Lungo abbastanza, colmo di finestre, comprende tutta la piazza, da valle a monte, rappresentandone una sorta di panopticon sullo spazio davanti; fulcro dei setti urbani della cittadina; limite al sole dell’alba.
L’ingresso affatto monumentale, sebbene di prestigio, introduce ad un lungo corridoio gentilizio che da secoli odora dell’olio passato sui parquet di alta qualità, introducendo ad un palazzo che nel chiaro scuro dell’androne si fregia di un’atmosfera misteriosa; e da lì si aprono porte che danno accesso al piano nobile ed ai locali di servizio che emanano privilegi e doveri dietro un velo di vetuste presenze di misure e pesi agrari senza tempo. La storia di un secolo di vita che stiamo per raccontare affianca, al tempo, lo spazio in modo da accogliere tutte le forme dell’essere. Perché è lo spazio, l’ambiente in cui si vive, che ci mette in relazione con l’esterno per quanto si fa quotidianamente, magari anche ripetutamente, e farne momento pieno di significato.
Nella porta posta al fondo del corridoio, al capo opposto dell’ingresso interno del palazzo, vige da quasi un secolo una disposizione “motu proprio” emessa dal marchese Rolando Rangoni Machiavelli Carradori, con la quale è espressa una precisa volontà in favore di Primo Maceratini e Giuseppa Polverigiani, in quell’alloggio che li ha ospitati fin dal 1947, l’anno delle loro nozze. Primo, fabbro della grande Azienda della casata Rangoni, Giuseppa, detta da sempre Peppa, sarta in proprio e soprattutto, per le esigenti quanto eleganti richieste della marchesa e delle sue amiche di pari censo montefanesi. La disposizione concessa per i meriti di entrambi è ritenuta valida finché in vita anche uno soltanto della coppia. Un premio che i nobili usavano concedere alle persone di fiducia, sulle quali possono contare per le loro necessità, oppure a quegli artigiani che sanno distinguersi nel lavoro. Ad ogni arrivo per la stagione dei raccolti agricoli, Peppa, in particolare, doveva lasciare indietro i lavori di sartoria iniziati, per dar seguito alle numerose e pressanti esigenze d’abiti del ramo femminile della casata.
Venuto a mancare Primo nell’ottobre del 1996, Peppa continua ad abitare lì, nella sua casa che è stata pure bottega di sartoria; conservando l’aspetto di una centenaria brillante, indossando lo spirito di una donna con venti anni meno, come fosse il migliore dei vestiti cucito dalle sue delicate e abili mani in tanti anni di lavoro. La serena convivenza con l’età si accompagna alla consapevolezza del tempo passato, vissuto con poca ambizione, come dice lei stessa, e trascorso lavorando, facendo la moglie e madre affettuosa. Non ci sono apparenti rimpianti nel secolo passato, tanto che i suoi cardini cronologici – come il cardine architettonico urbano del palazzo dove vive, ndr – sono l’ingresso nel laboratorio di Mima Bracaccini detta “a Montagnola”, la famiglia, la sartoria ed i tanti abiti confezionati. Tanti sacrifici per il lavoro impegnativo che si era trovata a fare per quella scelta della madre di avviarla a bottega anziché lasciarla giocare con le coetanee. Eppure la sua forza di donna mingherlina, delicata nella figura, sempre sorridente in viso, giovanile nell’espressione quasi senza tempo del viso, non rinuncia mai a quell’affaccio dal portone nobile del palazzo. Senza uscire dall’arco con la cornice in bugnato di pietra bianca, dall’anta aperta sulla piazza osserva la vita del paese, attende la visita dei figli o delle nuore o dei tanti nipoti, di qualche sua ex ragazza di bottega per scambiare qualche chiacchiera. La vista sulla piazza è piena di colori e facce, così diversa dalla veduta che si ha dalla ex stanza da lavoro, aperta sull’ombroso parco pieno d’intrico di lecci e lauro, osservato oltre i vetri per una manciata di decenni meno di un secolo.
Peppa è arrivata in quell’alloggio del palazzo Rangoni nel 1947 da giovane sposa e già abile sarta. In quella casa sono nati i due figli Carlo nel 1948 e Mario nel 1952. Prima la sua bottega era in via Duca Degli Abruzzi, come si chiamava l’odierna Via Matteotti, dove è nata il 18 giugno del 1923, al secondo piano di quell’edificio adiacente alla chiesa della Madonna Degli Angeli di proprietà della sua famiglia dei Polverigiani.
La madre, appena terminata le scuole dell’obbligo di allora, la mandò all’apprendistato presso la famosa sarta montefanese “a Montagnola” che è stata scuola per molte delle più brave sarte del paese. In quei tempi, avere avuto il mestiere insegnato dalla “Montagnola” equivaleva per una giovane ad una frequenza di un’alta scuola di sartoria. Nel periodo fra le due guerre, le giovani montefansesi avviate alla pratica della sartoria avevano due “scuole” di apprendistato, per così dire: l’educandato presso il convento delle Benedettine di Montesanto (Potenza Picena) o le sartorie del paese, dove la più rinomata era, appunto, quella della “Montagnola”. Naturalmente molto dipendeva dalla condizione familiare delle giovani donne.
Anche Peppa come altre, hanno iniziato a praticare infilando il filo nella cruna dell’ago, per poi passare ai punti molli, e successivamente alla cucitura a macchina ed a togliere i punti imbastiti; per arrivare, infine, alle rifiniture fatte a mano con abilità indubbia e competenza, senza più misteri nella confezionatura degli abiti per signore.
Fama di sarta che ben presto le cominciò a togliere le ore di sonno per le tante commissioni da soddisfare; soprattuto impegnata nelle sofisticate richieste della marchesa Rangoni e delle sue amiche, ma anche perché si rivolgevano a lei le giovani donne per i propri abiti da sposa; per gli abiti della prima comunione o della cresima. Alcune sue ex apprendiste ricordano perfino che una signora montefanese con conoscenze nelle forze armate, le affidava dei paracadute dismessi, dai quali con la sua abilità ricavava meravigliosi abiti di sopraffina seta bianca. Ne ha cuciti e confezionati tanti, aiutata in seguito da alcune apprendiste sartine che ora venivano da lei per imparare il delicato mestiere. Insomma, è stata Peppa a raccogliere il testimone dalla “Montagnola” con tutti gli oneri che comporta essere un maestro d’arte in una bottega artigiana. Delle ore di sonno perse, abbiamo già detto, dei tanti sacrifici per soddisfare le commissioni che hanno comportato rinunce ad una vita famigliare serena ma condizionata dalle scadenze. Pensate appunto ai matrimoni; alle esigenze delle donne della casa Rangoni; alle feste del buona società montefanese, con gli abiti da confezionare o aggiustare per le signore. Peppa ricorda anche con particolare emozione le vigilie laboriose che precedevano i bei ed eleganti veglioni al teatro di Montefano. Fino a pochi minuti dall’inizio della prima musica da ballo, lei era ancora al suo tavolo da lavoro per ultimare gli abiti che le signore avrebbero indossato al veglione. Ma finito l’ultimo passaggio di filo, non si faceva attendere, evitava di buttarsi sfinita in poltrona o a letto, per cambiarsi e volare in teatro, correndo assieme a Primo, per quei trenta metri che dividono palazzo Rangoni dal teatro di Montefano.
Se non avesse scelto la famiglia, probabilmente Peppa, sarebbe stata una delle sarte e dei sarti che a Roma ebbero una notevole fortuna e nome, nella gran parte usciti dalle botteghe della “Montagnola” per le donne e di Formica per gli uomini apprendisti.
L’abilità delle sarte si misura nella capacità che hanno di trovare la soluzione ad un particolare taglio, nelle rifiniture a mano delle asole, nella continuità delle pieghe o le trame di un tessuto, come nell’abilità di correggere un abito nato per taglie diverse e figure da moda, in tagli indossati dalle committenti. Per far questo è necessaria una conoscenza piena dei “misteri” di un arte.
Con i cento anni di Peppa, si potrebbe fare una storia dei costumi e degli abiti che hanno contrassegnata la moda delle signore montefanesi. È questo, anche, un modo per rivelare l’arte di un antico mestiere che per sua natura non si svolge in relazione con gli spazi aperti, avendone tuttavia una misura precisa ed emozionale delle scansioni del tempo esterno, dialogando con le emozioni della gente d’ogni rango. Una storia che Peppa ha contribuito a scrivere e, soprattuto, a cucire; sebbene lei, una volta che le si chiedesse del secolo di vita trascorso, ne farà con un sorriso timido ed un’espressione sincera, controllando le pieghe delle guance, una sintesi quieta e misurata del giusto, parallela al lavoro e alla famiglia.
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