Mai come oggi, valorizzare la cultura del nostro Paese, e il mondo che in essa lavora, può rappresentare un volano per il territorio, con un ritorno anche in termini di sviluppo socio-economico in era post Covid.

Questo significa puntare sui beni artistici ed architettonici di cui disponiamo, ma anche delle professionalità che ci lavorano. E’ proprio delle scorse settimane la notizia di una vertenza sindacale avviata su tutto il territorio nei confronti della cooperativa Sistema Museo, la società umbra con sede legale a  Perugia e che gestisce, decine di siti museali di proprietà di enti pubblici in tutta Italia. Al centro della vertenza a c’è la modifica del contratto dei soci della cooperativa. Personale qualificato che per effetto di una migrazione contrattuale (dal settore turismo al multiservizi) si è visto ridurre la retribuzione e continua a svolgere attività di grande pregio senza il dovuto riconoscimento e con una retribuzione ridotta a circa 6 euro lordi all’ora.

Le difficoltà della cooperativa iniziano già nel 2013, anno in cui Sistema Museo dichiara lo stato di crisi,  operando progressivamente una serie di riduzioni salariali e contributive. Riduzioni hanno comportato mediamente circa 20mila euro di minori entrate a ciascun dipendente nonché, di conseguenza, minori versamenti previdenziali accumulati.

Ecco perché nei giorni scorsi ho depositato una interrogazione parlamentare ai ministri di Sviluppo economico, del Lavoro e delle politiche sociale e per i Beni e attività culturali e Turismo al fine di verificare le condizioni contrattuali tenute dalla cooperativa  nei confronti dei dipendenti, considerando anche la prevalente attività di prestazioni di servizi nel settore del turismo mediante contratti stipulati dalla cooperativa con enti pubblici e museali.

Lo ha riferito in una note la senatrice umbra del M5s Emma Pavanelli.

 

 

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