lettera aperta al Direttore di Radioerre di Gioacchino Di Martino

Caro Direttore le ultime “schermaglie” tra il sindaco di Porto Recanati ed i consiglieri di due liste di opposizioni mi hanno suggerito alcune considerazioni che vorrei condividere con te.

Occorre innanzi tutto una premessa che in sintesi può essere raccontata così. Nel corso della campagna elettorale, per le comunali del 2021, due liste, quella scelta dalla maggioranza relativa degli elettori e che quindi ha espresso il sindaco della città e quella che invece si è classificata terza, hanno rappresentato agli elettori Porto Recanati come una città ormai destinata all’oblio. Una città considerata da tutti, per decenni, come la signora della costa incamminata verso un miserevole ed inarrestabile tramonto che l’avrebbe portata verso l’ospizio. I candidati di entrambi gli schieramenti promettevano il cambiamento! Parola magica il cui significato ormai è talmente indefinito che la fa associare sempre più spesso al “tutto cambia affinchè nulla cambi”  di Gattopardiana memoria.

L’attuale giunta che siede a Palazzo Volpini ormai è praticamente entrata nel suo terzo anno di vita. In pratica ha consumato i tre quinti del proprio mandato. Circa 1100 giorni di governo della città che avrebbero dovuto rappresentare la rinascita della comunità portorecanatese, così come da proclami elettorali. Una campagna elettorale dove sembravano essere gli “unti del Signore” inviati per trasformare il tramonto di un plumbeo cielo in un’alba radiosa portatrice di quel nuovo, questo sì, auspicato dalla maggioranza degli elettori.

Così però non è stato. In questi oltre 1100 di governo si è scoperto che nel luogo deputato a sfornare gli unti del signore era terminato l’olio per cui ci siamo ritrovati con un re nudo ma dotato di un’abbondate carica di arroganza del potere. Ma poi qual’è il potere reale che un sindaco di una città di dodicimila abitanti può esercitare? Certamente molto poco eppure, anche quel poco, viene esercitato in modo da far trasparire quel senso di superiorità che si fonda sostanzialmente sull’arroganza del saccente. Un’arroganza, però, che a volte sconfina anche in un involontario ridicolo là dove si arriva ad invitare i consiglieri di opposizione, rei di un presunto reato di lesa maestà, per aver criticato le attività della giunta comunale alle dimissioni.

Ora, caro Direttore, è lecito o meno chiedersi se una forza politica, che raccoglie il 35 per cento dei consensi, possa pensare di assumere di questi atteggiamenti che, come ho più volte scritto, ritengo semplicemente puerili e prive di qualunque contenuto politico? Del resto la sensibilità politica non è merce che si compra al supermercato. La letteratura in merito ci offre alcune motivazioni del perché si decide di entrare in politica.  C’è chi entra perché vuole convintamente impegnarsi nella conduzione della vita pubblica, in quanto ritiene di essere portatore di energie ed idee utili allo sviluppo della società; c’è chi la ritiene un mezzo per conquistare un ruolo in società altrimenti non raggiungibile; c’è chi ritiene che con la politica si possa raggiungere delle soddisfazioni economiche altrimenti precluse e c’è chi invece ritiene che la politica possa rappresentare lo sbocco naturale del proprio prepotente ego. Tutte motivazioni più che legittime e sulle quali, alle scadenze fissate, gli elettori saranno chiamati ad esprimere le proprie valutazioni.

Concludo, caro Direttore, prendendo atto che nel mentre questi diversivi di massa tenevano banco nel dibattito politico cittadino, nel mondo reale, quello che ci circonda, vi è stato il cambio di gestione nel COSMARI, che gestisce la politica dei rifiuti nella nostra provincia, e che si trova ad affrontare un futuro molto critico e nella cui assemblea il sindaco di Porto Recanati si è allineato alle posizioni del Partito Democratico e quindi è all’opposizione, e nell’AATO3, l’organismo che controlla la rete idrica provinciale è in corso un’operazione che porterà al gestore unico, ed anche in questo caso il sindaco di Porto Recanati è sulle posizioni del Partito Democratico. Il Consiglio comunale di Porto Recanati? Assente. L’arroganza non ammette condivisione di informazioni. Lunga vita ai CAPISCIONI!

Con viva cordialità. Gioacchino Di Martino

Porto Recanati 5 settembre 2024

 

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9 commenti

  1. È quanto sta succedendo nella vicina Recanati ,consiglieri assessori e sindaco tutti convinti di essere i migliori e di aver scelto gli esperti per incarichi che dovrebbero segnare il cambiamento , come da promesse elettorali .
    La realtà è che pur di vincere hanno svenduto l’onore …….

    • Ugo ma che cazzarola dici? hanno venduto l’onore pur di vincere?
      Forse non parli di Recanati. Perché qui hanno vinto quelli che l’onore ancora lo hanno, tutto.
      Forse non sai che quassù…gli unici che hanno perso quel poco di onore che gli era rimasto, sono i piddini, i civici e i m5s che pur di non far vincere a mani basse o Bravi o Fiordomo, hanno onorato la vittoria Pepa coi loro voti a perdere!
      Disonorevoli e disonorati per sempre. A loro non é andato neanche l’onore delle armi. Che non si da ai traditori! Chiaro? Poi, fra 5 anni ci risentiamo.

    • Certo che questi perdenti della sinistra a Recanati dopo la sconfitta elettorale rosicano a tutto andare,
      dura è stata l’amara sorpresa dell’inaspettata sconfitta dopo 15 anni di vittorie consecutive,
      emo quanno glie se passa più a questi che non ci sono abituati alle sconfitte?
      Anche quando si parla dell’amministrazione comunale di Porto Recanati che c’entra come i cavoli a merenda con quella di Recanati, questi sconfitti della sinistra a Recanati non perdono mai l’occasione per una bella rosicata invidiosa contro l’amm. Pepa…
      Chissà se ci arriveranno mai con i denti integri e apposto fra 5 anni?

  2. Sig. UGO, non vedo quale somiglianza si possa trovare tra le amministrazioni comunali
    (Sindaco e Assessori) di Porto Recanati e di Recanati, la prima è tre anni che amministra
    e a Recanati sono in carica da solo due mesi.
    Che paragone si può fare, non sono neppure parenti alla lontana !!!!!!

  3. Ario Roncitelli on

    Illustre Dottore, al di là delle considerazioni “paesane” di qualcuno, deve ammettere che per amministrare un Comune (ma pure una Regione) occorre innanzitutto capacità, che se poi si trova unita a un po’ di competenza è pure meglio. Purtroppo da una trentina di anni a questa parte nel panorama politico (?) di ogni livello si incontrano solamente improvvisati, che ottengono consensi sbandierando allo sfinimento slogan pubblicitariamente intelligenti, ma senza alcuna base nella realtà delle cose. E’ un costume dilagante (coloro che parlano bene lo definirebbero “trasversale”), che ha avuto la sua consacrazione addirittura in movimenti politici di grande successo nazionale, ma che finisce inevitabilmente per rendere impossibile la distinzione che lei propone: semplici arroganti o genuinamente capiscioni.
    Auguri!

  4. È incredibile quanta forza eserciti la tentazione di esprimere giudizi tranchant sugli avversari, specie se sostanzialmente gratuiti come in questo caso: certe lettere, infatti, dovrebbero rimanere chiuse nello scrittoio, invece di essere aperte per dar sfogo alla propria sicumera.
    Dando fiato alle trombe, invero, si consente ai lettori di rilevare la nutrita serie di amenità che contraddistinguono lo scritto in oggetto.
    In primo luogo, sarebbe interessante comprendere in base a quale principio (costituzionale, normativo, regolamentare, e chi più ne ha più ne metta) viene qualificata ‘ridicola’ la richiesta di dimissioni di uno o più esponenti della minoranza, specie dopo che quelli coinvolti nell’ultima querelle si sono dimostrati palesi mentitori nel negare di aver denunciato il funzionario comunale.
    Bugia che è divenuta addirittura pietosa nel momento in cui è promanata dalle labbra – dato che oltre ad affidarla a un comunicato, l’autore si è anche peritato di ribadirla a voce, così come una sua collega minoritaria, nell’intervista concessa a questa emittente – di un legale, che dovrebbe conoscere, se non a menadito almeno a grandi linee, la solenne differenza che intercorre tra procedibilità a querela e d’ufficio) oltre che impegnati nel danneggiare sia il personale municipale (l’incolpevole funzionario) sia la stessa città (adombrando sospetti tanto meschini quanto infondati a detrimento di una manifestazione di successo internazionale che poi, guarda il caso, ora è ‘emigrata’ al Nord).
    Ebbene, considerato che le dimissioni di regola seguono al conclamato mancato rispetto dei doveri di rappresentanza pubblica sottesi all’elezione, non si vede perché la relativa richiesta non potesse essere rivolta anche ad uno o più consiglieri di minoranza, così come bene e puntualmente ha fatto il Sindaco Michelini, senza che la stessa suoni stonata, men che meno ‘ridicola’.
    In secondo luogo, davvero spiace che l’evidente malanimo di cui è intrisa la succitata lettera aperta abbia spinto l’autore a ritenere che chi entra in politica lo faccia al 75% per ragioni opache o, comunque, per personale e indebita convenienza: anche senza voler rilevare che, come la saggezza popolare insegna, ‘chi mal fa mal pensa’, risulta doveroso sottolineare che il Sindaco Michelini non è pervaso da alcuna di tali pessime caratteristiche, essendo invece animato da un autentico amore per la propria Città. Che poi questo sentimento venga talvolta declinato secondo la volitiva cifra caratteriale del Primo Cittadino, ciò rappresenta esclusivamente un tratto di franca personalità, che non autorizza in alcun modo a tacciarlo di ego ipertrofico.
    In terzo luogo, converrà far osservare all’estensore della missiva che se il sistema elettorale italiano (e non solo portorecanatese), disciplinato da legge dello Stato (particolare che, evidentemente e colpevolmente, sfugge al signor Di Martino), permette di governare anche a chi ha ottenuto il 35% delle preferenze totali, tali vincitori hanno il pieno diritto di esercitare le proprie prerogative ed il proprio potere come meglio credono, nell’ovvio rispetto dell’ordinamento giuridico e costituzionale ma senza alcun obbligo di prestare orecchio e credito ai ‘mal di pancia’ degli sconfitti i quali, nel frattempo, possono utilmente fare palliativo ricorso al Maalox ed affini.
    Da ultima, e solo in quanto chi ha scritto la lettera ha creduto bene di erigersi a censore altrui, una piccola osservazione di carattere grammaticale/religioso: se proprio non può fare a meno di invocare (invano) Domineddio, almeno dia una ripassata sia al ‘complemento di agente’ sia ad Isaia (61).In tal modo si accorgerà che l’unzione viene impartita dAl Signore ed eviterà, si spera, per il futuro, di appiattirsi sulle espressioni di origine gergale che, però, sono tanto simili alle qualunquistiche critiche da bar che pervadono la disputa politica.

  5. Il buon giorno si vede dal... Di Martino on

    Oh, anonimo 16,47, prima ti rifai ad un “saggio detto popolare: ‘chi mal fa mal pensa’, poi invece critichi un’altro detto popolare: “unto dal signore”.
    Quindii dividi le espressioni gergali in quelle che ti fanno comodo, e quelle che non ti fanno comodo, addirittura ti sei “peritato” (anvedi oh), con questa chiusura: “…appiattirsi sulle espressioni di origine gergale che, però, sono tanto simili alle qualunquistiche critiche da bar che pervadono la disputa politica. Appunto, fatti una domanda e datti una risposta… capisciò!

  6. Per il permaloso e superficiale 16:47. A parte il fatto che il suo commento non confuta alcuna delle considerazioni da me articolate (il che la dice lunga sulla evidente incapacità di replicarvi in termini sostanziali), le uniche righe scritte dimostrano, ancora una volta, una notevole inconsapevolezza.
    Difatti, mentre ‘unti del Signore’ è e resta una mera espressione gergale, ‘chi mal fa mal pensa’ è, invece, un proverbio (ossia il condensato di un insegnamento tratto dall’esperienza), peraltro di autorevole origine, derivando dall’opera di Paolo Sarpi, teologo veneziano del XVI secolo.
    Nessuna distinzione di comodo, quindi, ma puntuale distinguo.
    Spiace, infine, constatare che il fatto di esprimersi in modo appropriato, utilizzando la amplissima varietà di vocaboli fornitaci dalla nostra meravigliosa lingua, risulti talmente indigesto al precitato commentatore da farlo sprofondare – in assenza di argomenti intelligenti – nell’insulsa deriva dell’epiteto

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