Quando siamo veramente liberi, e cosa c’entra la libertà con la nostalgia e i canti napoletani? Con queste domande ha avuto inizio il percorso di canti napoletani organizzato dal Centro Culturale Giacomo Leopardi, nel cortile di Palazzo Venieri @ Recanati, con il patrocinio del Comune di Recanati e la collaborazione del Museo di Villa Colloredo Mels. Queste domande sono state il file rouge dell’itinerario musicale che ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso.

Come ha ben introdotto Milena Tacconi,presidente del Centro Culturale, i canti tradizionali napoletani esprimono la voce e i sentimenti del popolo, quelli veri, reali, che sono anche i nostri perché il popolo siamo noi: per questo è così bello ascoltare e immedesimarsi nelle malinconiche melodie di queste serenate che parlano di cose molto concrete: lo struggimento per la lontananza della donna amata o per un amore impossibile da realizzare o ancora la meraviglia per un amore che riempie tutto, che parla di tutto e a tutte le cose, fino a farle coincidere con chi quelle cose le ha create : “Stanotte ammore e Dio song’ una cosa” (Mandulinate a Napule,E.Tagliaferri/E.Murolo – 1921).

Il percorso ha visto un susseguirsi di 10 canzoni divise in 3 parti fondamentali, ognuna delle quali è stata introdotta da una lettura da “Il Canto della Nostalgia”, uno dei ”quaderni” che il Centro Culturale ha stampato in questi anni, e che si focalizza proprio sul periodo napoletano del nostro Leopardi. Pezzi di vita e di poesia hanno preso corpo nella splendida interpretazione di Giulia Merelli, insegnante e attrice di lungo corso (è stata anche in tournèe con personaggi del calibro di Alessandro Gassman). Parole che si sono sposate perfettamente con questi canti, quasi fossero state scritte espressamente per loro.

Alla chitarra il maestro Stefano Perniola, ex docente di Chitarra Classica ed allievo della Civica Scuola di Musica di Recanati, che ha interpretato i brani in modo unico e vibrante col suo strumento che a tratti è sembrato trasformarsi in un moderno mandolino. I suoi preludi e l’accompagnamento alle prefazioni delle varie canzoni hanno commosso tutti.

Giuseppe Esposito – napoletano d’origine e voce solista – ha saputo introdurre ogni canto con una impostazione singolare: ponendo l’accento non tanto sulla parafrasi dei testi, ma sul significato profondo da essi veicolato, talvolta, con l’aiuto di alcuni commenti del grande Renzo Arbore.

Una serata densa e coinvolgente, che ha catturato tutti i presenti accompagnandoli in un percorso di melodie antiche eppure ancora capaci di parlare al cuore di ognuno. Con l’augurio, così come espresso prima di concludere la serata con “Silenzio Cantatore” (L. Bovio/G. Lama, 1922), che questa estate – anzi: che tutta la vita – sia un’occasione per fare silenzio, cioè per fare spazio a ciò che il nostro cuore attende da sempre, e che la realtà comunica con il suo canto”.

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