È diventata irrevocabile la sentenza che lo scorso luglio ha fatto finire in una bolla di sapone il maxi processo sulle cosiddette Spese facili del Consiglio Regionale. Si chiude, quindi, con assoluzioni definitive perché il fatto non sussiste, il processo per peculato relativo a presunte irregolarità commesse, tra il 2008 e il 2012 in Regione, per come erano stati utilizzati, dai diversi gruppi consiliari, i fondi a loro disposizione per l’attività istituzionale.

Per gli imputati (38), che si sono dovuti difendere dalla accusa di peculato, la sentenza del 13 luglio scorso è diventata definitiva perché la Procura di Ancona non ha presentato appello. All’udienza di luglio erano rimaste in giudizio 38 delle iniziali 54 posizioni (per gli altri è sopraggiunta la prescrizione a febbraio 2023 per le quali non erano chiare le finalità istituzionale dei rimborsi ricevuti (1,2 milioni di euro) perché, contestava la pubblica accusa, sarebbero stati usati fondi pubblici per spese private. Tutto non provato. L’assoluzione era arrivata per il sindaco di Ancona Daniele Silvetti, per il presidente del Consiglio regionale Dino Latini, per il deputato della Lega Mirco Carloni, per il sindaco di Castelplanio Fabio Badiali, il sindaco di Loreto Moreno Pieroni, il commissario della Ricostruzione nonché senatore Guido Castelli. Assolti anche Luca Acacia Scarpetti, Raffaele Bucciarelli, Gianluca Busilacchi, Giuseppe Canducci, Adriano Camela, Adriano Cardogna, Graziella Ciriaci, Giancarlo D’Anna, Sandro Donati, Massimo Di Furia, Paolo Eusebi, Elisabetta Foschi, Enzo Giancarli, Paola Giorgi, Sara Giannini, Marco Luchetti, Maura Malaspina, Luca Marconi, Enzo Marangoni, Francesco Massi Gentiloni Silveri, Erminio Marinelli, Almerino Mezzolani, Giulio Natali, Rosalba Ortenzi, Fabio Pagnotta, Paolo Perazzoli, Paolo Petrini, Giuseppe Pieroni, Mirco Ricci, Angelo Sciapichetti, Gino Traversini, Umberto Trenta.

Con la sentenza non più impugnabile, si chiude il sipario su una delle più grandi inchieste portate avanti dalla magistratura dorica in un percorso durato 11 anni (contando dall’avvio delle indagini) e fatto di ricorsi e contro ricorsi. All’inizio gli indagati erano 66. Il numero è sceso via via, tra doppie udienze preliminari, prescrizioni e proscioglimenti annullati.

Rimane ora in piedi un solo filone: quello dell’ex governatore Gian Mario Spacca e dell’ex presidente dell’assemblea legislativa Giacomo Bugaro, i due che avevano scelto il rito abbreviato fin dall’inizio. Per loro l’ultimo colpo di scena è di un anno fa: la Cassazione ha annullato le condanne rifilate dalla Corte d’Appello di Perugia. Dovranno ora vedersela con i giudici di secondo grado di Firenze. L’udienza non è stata ancora fissata.

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1 commento

  1. A prescindere dai tempi della Giustiza – forse adatti a Matusalemme – resta il fatto che la Procura non ha neppure avvertito l’esigenza di interporre appello, circostanza che la dice lunga sulla intrinseca ‘qualità’ del lavoro inquirente …

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