Il potacchio è una specialità gastronomica marchigiana conosciuta ed apprezzata dai buongustai e che conferisce un gusto particolare alla pietanza di base che, perdendo un po’ della propria caratteristica, ne assume la sapidità.
Di fatto quindi è un gusto forte che serve a conferire sapore ad una pietanza che altrimenti di proprio ne avrebbe ben poco. In altri termini si potrebbe definire una manipolazione culinaria che però soddisfa il palato di tanti.
Altra cosa invece è quando la manipolazione, usata a mò di potacchio, si applica alla politica alterandone non già i sapori ma i fondamentali. Già perché in politica, piaccia o non piaccia, i fondamentali esistono e tra questi spiccano trasparenza e coerenza. Due elementi che, alla luce del dibattito politico che si sta sviluppando in merito all’uscita del PD dalla coalizione 21>26, sembra siano stati temporaneamente accantonati da parte di alcuni dei protagonisti dell’ultima competizione elettorale cittadina.
Oltre che ai fondamentali, però, in politica ormai esiste anche un riferimento culturale preciso quasi come una formula matematica: a pensar male, pur facendo peccato, ci si azzecca.
Ed è proprio da quanto sta emergendo dal dibattito che arriva l’ennesima conferma della giustezza del monito andreottiano.
Un dibattito che sta mettendo in luce come la lista risultante vincente fosse appoggiata trasversalmente da persone cui trasparenza e coerenza sono state cancellate dal loro vocabolario. Un comportamento certamente coerente con il proprio modo di intendere i rapporti sociali e quindi assolutamente non giudicabile né tanto meno censurabile ma semplicemente da prenderne atto. Un comportamento, però, che porta a riflettere sulla difficoltà di estirpare quella radice troppo diffusa in città del complotto e della poca trasparenza.
In politica la trasparenza è fondamentale per una corretta comunicazione ed interlocuzione con i cittadini. La trasparenza consente di valutare la coerenza delle azioni. Trasparenza e coerenza, però, sono due azioni impegnative e richiedono una onestà intellettuale che non è una merce che si compra al supermercato ma che in molti ritengono possano essere sostituita dalla furbizia. Con la furbizia, però, in politica si può vincere qualche battaglia ma la guerra è un’altra cosa.
E nella Politica, quella con la P maiuscola, la guerra non è contro l’avversario, che è e deve rimanere un avversario e non un nemico, ma è contro la mancanza di una visione e di una strategia complessiva. Non basta esaltarsi per la lettura parziale di un comunicato o riuscire a creare stupidi diversivi per nascondere i problemi. Chi percorre questa strada significa che, per incapacità, ha scelto il POTACCHIO per dare sapore alla politica.
Gioacchino Di Martino
Porto Recanati 14 novembre 2022
7 commenti
Ottimi i sgombri in potacchio!
E se scrivessimo “gli” sgombri?
E se scrivessimo gli sgomberi?
Se nun capisci il dialetto e ‘na licenza grammaticale, so’ affaracci tua! Da ndu vienghi? Da Oslo? Al porto je dimu “I sgombri”, ” mejo ancora ” i maccarelli”. Ma te nu lu poi capi’ Sei straniero. Sei un piffero stonato…E sdentato.
Studia e vedi che si puo scrivere in entrambi i modi. Somaro 10,14.
A Porto Recanati con tutti ‘sti improvvisati della politica (ricordo che in passato qualche lista venne “infoltita” facendo… acquisti altrove!), che si pretende?
Non hai capito anonimo delle 12;43 l’allusione con il mio invito a scrivere sgomberi al posto di sgombri. Provo più pena per questo “giornalucolo” che fa passare commenti come il tuo ( censurandone parecchi miei privi di offese ma carichi di sarcasmo ed allusione forse fastidiosi) che per te anonimo cafunus portannarus.