Un altro dei grandi temi a cui nessuno dedica il minimo spazio nel dibattito politico in vista delle elezioni del 25 settembre è quello del Terzo Settore, cioè del vasto mondo del volontariato, della cooperazione e della promozione sociale che opera a fianco del Primo Settore (lo Stato) e del Secondo Settore (il mercato).

Il 13 settembre al Corriere della Sera era allegato un piccolo libro intitolato “TERZO”, scritto da Claudia Fiaschi, portavoce del Terzo Settore. Sarebbe una lettura molto utile per tanti nostri politici, ma dal momento che solo in pochi lo leggeranno, ecco una rapidissima sintesi.

Gli Enti del Terzo Settore (ETS) si occupano di salute e welfare, educazione e formazione, cultura e turismo sostenibile, inclusione sociale e lavorativa, fragilità sociale e forme di povertà, consumi e ambiente; lo fanno con una peculiarità: deve prevalere sempre l’ottica del bene comune e del benessere di tutti. I numeri del Terzo Settore sono così alti che spesso sono ritenuti incredibili: secondo l’Istat si tratta di 382.634 organizzazioni, con complessivi 861.476 dipendenti.

Il Terzo Settore è la più ampia e diffusa esperienza di mobilitazione civica su attività di interesse generale che esista nel nostro Paese e che non ha pari in Europa. Vi sono coinvolti quasi 7 milioni di cittadini: infatti, oltre agli 860.000 dipendenti, vi si impegnano più di cinque milioni e mezzo di volontari. Basato su valori come gratuità e solidarietà, il Terzo Settore è una fondamentale scuola di democrazia ed è giustamente considerato il più importante indicatore di civiltà di un Paese.

Nonostante il suo indiscutibile valore sociale, attestato dall’impegno per la costruzione di legami sociali nella comunità, il Terzo Settore viene in genere ignorato dai decisori politici e sottovalutato dalle amministrazioni pubbliche: che spesso lo considerano una “ruota di scorta”, a cui fare ricorso nei momenti di emergenza (l’epidemia di Covid, l’aumento dei poveri, un’alluvione, un terremoto).

Elogiato nelle dichiarazioni pubbliche dalle più alte cariche dello Stato per il suo contributo di fronte all’emergenza, al Terzo Settore non è destinata nessuna misura di accompagnamento fra le tante previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Eppure, al centro del Piano vi sono proprio gli interventi che più caratterizzano il Terzo Settore: rafforzare il welfare territoriale, migliorare la coesione sociale del Paese, ridurre le disuguaglianze sociali e territoriali, realizzare uno sviluppo economico sostenibile.

La Legge di Riforma approvata nel 2017 ha riconosciuto al Terzo Settore alcuni spazi di consultazione e rapporti con la Pubblica Amministrazione basati sulla co-programmazione e co-progettazione. Ma concretamente spesso la Legge non viene applicata e soprattutto la Riforma non è stata ancora completata; mancano molti decreti attuativi e servono interventi per semplificare i troppi adempimenti burocratici che scoraggiano le associazioni e gli enti più piccoli, spingendoli alla chiusura.

In tempo di elezioni le Acli delle Marche ribadiscono la richiesta che nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vi siano interventi finalizzati a uno sviluppo sostenibile a livello sociale, capace di combattere le crescenti disuguaglianze e l’impoverimento del lavoro che sta colpendo soprattutto donne e giovani.

ACLI Marche  – Settembre 2022

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