Porto Recanati. La frase corretta sarebbe: “Quando c’era lui, caro lei!” ma nella nostra breve storia si fa riferimento ad una lei e quindi, anche se può risultare cacofonica, una piccola licenza può anche starci. La nostra breve storia ha inizio all’incirca nove mesi fa quando, un verdetto popolare, dopo alcuni lustri di una ripetitiva ed anche per certi versi monotona presenza, a Porto Recanati ha aperto una nuova stagione di governo della città. Complice un sistema elettorale che premia la maggioranza relativa e penalizza la reale maggioranza degli elettori.

Una semplice alternanza di ruoli, propria delle democrazie occidentali. Ma nei piccoli centri questi avvenimenti assumono una rilevanza quasi storica ed i protagonisti, soprattutto se vestono i panni dei vincitori, sono pervasi da una celestiale euforia che li porta a considerarsi in campagna elettorale perenne, quasi dimenticando che la corsa per la vittoria è ben altra cosa che la gestione della vittoria.

La gestione della vittoria significa la realizzazione delle promesse elettorali. Significa avere capacità di coinvolgimento della macchina amministrativa ma soprattutto significa, oltre che sapersi rapportare con la cittadinanza, anche saper aprire una stagione di rapporti istituzionalmente corretti con le forze di opposizione che, sia pure numericamente inferiori in consiglio, rappresentano però la maggioranza degli elettori. Il considerare le minoranze quasi dei fastidiosi orpelli che ne limitano lo splendore è un virus che contagia con immediatezza qualsiasi maggioranza. Così è stato per anni con le vecchie e così lo è con la nuova.

La testimonianza la offrono due rituali ormai consolidati nei novi mesi di permanenza della nuova maggioranza e quindi divenuti ripetitivi. Al termine degli interventi dei consiglieri di minoranza il presidente dell’assemblea pronuncia la fatidica frase: “Bene votiamo.” Mentre da parte della capogruppo della formazione di maggioranza le dichiarazioni di voto si aprono sempre con un: “A nome della maggioranza” con ciò dimenticando di essere a capo di un gruppo che ha una denominazione specifica. Ma tant’è. L’ebbrezza di sentirsi maggioranza è strettamente collegata all’idea di essere detentori del potere del fare. Ed è comune a qualunque formazione vinca una competizione elettorale. Probabilmente è figlia di quella sensazione che si ha da bambini quando, con soddisfazione, ci si rapporta al genitore mostrandogli il giocattolo che si è riusciti a rompere. Rappresenta la chiave per accedere alla tanta aspirata stanza dei bottoni dalla quale finalmente esercitare il potere.

Ma il potere di per sé non si racchiude né si esaurisce declamando una parola scritta sul vocabolario. Il potere è di per sé una unità astratta ma anche complessa e che bisogna saper maneggiare con cautela e con molta prudenza. Il potere, inoltre, nasconde al proprio interno un’insidia difficilmente rilevabile da chi pensa di esercitarlo. Questa insidia viene comunemente definita come capacità realizzativa. E’ una delle insidie più subdole che un amministratore pubblico deve fronteggiare e che spesso ne può determinare anche la precoce dipartita dalla scena politica. Gli impegni elettorali sono comunemente accettati come promesse future non sempre facilmente realizzabili e, comunque, godono tra gli elettori di un margine di credibilità abbastanza relativo.

Altra cosa invece è quando il consenso elettorale deriva anche, se non soprattutto, dalla volontà di un cambiamento radicale ad un essere della politica non più accettabile o certamente non ritenuto più adeguato ai tempi. Quando capacità realizzativa e discontinuità politica, a nove mesi dall’accesso nella stanza del potere, sono ancora illustri sconosciuti allora è più che legittimo che in città cominci a diffondersi quella, sia pure cacofonica, frase: Quando c’era lei……

Gioacchino Di Martino

Porto Recanati, 11 giugno 2022

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1 commento

  1. Ario Roncitelli on

    Dovrebbe essere una metafora del presente a Porto Recanati? Come saggio di filosofia della politica non è malaccio…

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