Brutta sorpresa per le città santuario italiane: il Decreto Sostegni appena approvato mette i centri luoghi di culto ai margini delle misure previste a ristoro del Covid-19 e cancella il bonus specifico a loro dedicato. Dal testo finale del decreto è infatti scomparso l’emendamento n. 13 che riguardava espressamente la misura prevista per i comuni in cui risiedono santuari, annoverati tra i beneficiari del plafond di 10 milioni di euro stanziato a favore degli esercenti dei centri storici. L’ emendamento era stato inserito in extremis nella Legge di Bilancio approvata in dicembre, a seguito dell’azione congiunta dei sindaci di Loreto e Assisi, saliti sugli scudi dopo che già nel novembre scorso le loro città erano state inizialmente escluse dai destinatari del Decreto Ristori.

Ora invece si torna punto e a capo: il Decreto sostegni infatti non parla di un bonus specifico per i comuni sede di luoghi di culto (763 in tutta Italia), prevedendo sì le città santuario, ma ricomprendendendole nelle più generica misura riservata indistintamente ai centri che vantano più di 10mila abitanti. Dunque senza alcun nesso causale diretto con il drastico calo del turismo devozionale, che sta mettendo in ginocchio da più di un anno queste realtà, e soprattutto penalizzando la maggior parte di questi comuni che in genere sono centri anche molto piccoli  e perciò in gran parte esclusi in partenza dallo sbarramento del requisito demografico.

I sindaci delle maggiori città santuario italiane, Loreto ed Assisi in testa, sono pronti a dare battaglia ed hanno organizzato per venerdì prossimo (26 marzo, ndruna manifestazione congiunta che porterà nelle piazze i commercianti e le associazioni di categoria, oltre che i rispettivi sindaci ed assessori preposti, che si incateneranno simbolicamente per evidenziare la situazione di grave difficoltà che tutto il comparto del turismo religioso sta vivendo.

Una manifestazione nella quale sono state chiamate a partecipare anche le città di San Giovanni Rotondo, Pompei, San Gabriele dell’Addolorata, Padova ed altre, unite nella richiesta di avere dal Governo un segnale concreto per dare nuova linfa ad un settore in affanno totale.   Le varie modifiche che si sono susseguite nella stesura del Decreto, infatti, hanno alla fine determinato una paradossale situazione in cui nessuno troverà un reale giovamento:  se da un lato il Decreto ha, lodevolmente, allargato la platea dei beneficiari a tutti i commercianti, non solo del centro storico, non ha contestualmente aumentato il plafond delle risorse, sempre fermo agli originari 10 milioni di euro. Aperti per altro a tutte le attività senza alcuna distinzione di codice Ateco.

In questo modosostiene il sindaco Moreno Pieroni – siamo al tempo stesso inclusi, in quanto le misure sono aperte a tutte le città italiane con più di 10mila abitanti, ma anche esclusi per quelle che sono le nostre peculiarità di centri di culto, che di fatto determinano per noi una situazione molto particolare. I nostri centri non possono essere equiparati a tutto il resto delle città italiane:  il turismo devozionale segue altre logiche ed insiste spesso su comuni che contano poche migliaia di anime come abitanti e dove le stesse attività commerciali hanno dimensioni minuscole. Un ampliamento della platea così indiscriminato, senza una forma di bonus beneficio esclusivo delle città santuario, e il tetto dei 10mila abitanti finiranno per lasciarci indietro nei requisiti di accesso ai ristori e apriranno solo il campo ad una guerra tra poveri, senza benefici reali. Soprattutto in considerazione del fatto che il turismo religioso di massa sarà quello che ripartirà più tardi in assoluto alla fine della pandemia. Chiediamo al Presidente Draghi che tutto ciò venga preso in considerazione”.

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2 commenti

  1. Non capisco perché dovrebbero essere privilegiate le città santuario. Anzi, vorrei far notare che, mentre i musei sono chiusi, le chiese no. Per il resto, non vedo differenze.

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