I marchigiani in età da lavoro sono sempre più scoraggiati dal cercare un impiego: è quanto emerge dall’analisi condotta dal Dipartimento Mercato del Lavoro della Cisl Marche sulla base di dati Istat e della Camera di Commercio.

Il calo del tasso di disoccupazione registrato nel secondo trimestre 2020 (ora al 7,7% contro il 9,8% di un anno fa, con una diminuzione di 33.820 unità) è solo in apparenza un segnale positivo: esso va confrontato con l’aumento degli inattivi, cresciuti di ben 38.643 unità. Questo travaso dimostra che sempre più persone rinunciano a cercare un’occupazione: «Attenzione a non cadere in una specie di illusione ottica che può trarci in inganno – avverte Cristiana Ilari, Segretaria Regionale Cisl Marche -. L’aumento dell’inattività, che probabilmente si spiega anche, ma non solo, con i limiti di mobilità imposti dall’epidemia, indica uno scoraggiamento molto preoccupante».

La conferma arriva dall’analisi comparata del dato delle forze lavoro e degli occupati: nel secondo trimestre 2019 le forze lavoro erano 700.232, nel 2020 sono 658.789 con un calo pari a 41.443 unità, mentre il calo degli occupati è di -7.623 unità (627.756 rispetto ai 635.379 del 2019): un calo contenuto ma sul quale influiscono il blocco dei licenziamenti e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, che ad agosto si è attestato a oltre 73 milioni di ore autorizzate di CIG (73.391.270 ore, suddivise in 57.557.372 ore di cassa integrazione ordinaria, 2.106.519 di cassa integrazione straordinaria, 13.727.389 di cassa integrazione in deroga) con il dato più alto nella Provincia di Ancona (24.745.385 ore CIG complessive), a seguire Pesaro (19.641.493 ore), Macerata (14.638.866 ore), Fermo ed Ascoli Piceno (14.365.526 ore). Aggiungiamo a questo che dal 2008 ad oggi le imprese attive nelle Marche (che, secondo la rilevazione di agosto ad opera della Camera di Commercio, sono 146.192) sono calate del 9,1 con 14.631 imprese non più attive.

A fare le spese di questa situazione sono soprattutto le donne. Il tasso di disoccupazione femminile è dell’8,4% rispetto al 7,2 maschile, ma a preoccupare è soprattutto il gap che riguarda l’andamento degli inattivi: 394.200 donne nel 2020 (cresciute di 15.856 unità in un anno) a fronte di 268.267 uomini.

«I dati confermano un divario di genere ancora rilevante in un mercato del lavoro poco inclusivo dove a rassegnarsi all’esclusione sono ancora di più le donne – riflette Cristiana Ilari -. Senza il lavoro femminile, senza il lavoro di qualità per tutti, donne e uomini, si alimentano le disuguaglianze».

«In questo contesto, provato dal sisma e dalla pandemia, è più che mai prioritario per noi promuovere lavoro dignitoso con un’attenzione particolare a donne, giovani, e over 50 che più soffrono le transizioni lavorative – prosegue Ilari rimarcando la centralità del tema lavoro nell’azione del sindacato -. Un lavoro che sia motore di sviluppo sociale, ambientale, economico, che si apra all’innovazione, che dia attenzione alla formazione valorizzando talenti, competenze, esperienze. Questa oggi la sfida da vincere insieme: istituzioni e attori sociali ed economici del nostro territorio, con il ruolo fondamentale delle organizzazioni sindacali. Partecipazione, dialogo sociale, contrattazione sono le azioni positive da realizzare per condividere una visione nuova e per innescare un processo di rigenerazione del nostro territorio regionale».

 

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