Siamo innanzitutto sorpresi che vengano inopinatamente tirate in ballo  persone defunte che non possono eventualmente più replicare, puntualizzare, mettere a fuoco accadimenti e progetti passati che, tra l’altro, già non sono più operativi. Il punto non è quanto sia stato fatto prima, ma è quanto realizzato nel presente; e il presente non è un bel vedere.

E’ come si è pensato e realizzato l’evento che lascia perplessi: definirlo inopportuno sa molto di eufemismo! Nel merito abbiamo già più volte espresso il nostro parere e non ci ripetiamo. Qui ribadiamo che non ci si può aggrappare al Covid  per giustificare una manifestazione sbagliata. Se il fratello e le nipoti dell’artista (una addirittura residente a Recanati) non erano reperibili (puerile giustificazione), se gli spazi non erano disponibili, se il momento non era oggettivamente facile, non c’era alcun obbligo per organizzatori e patrocinanti di ricorrere a Claudio Cintoli, oltretutto senza neppure gli apporti e il consenso morale della famiglia.
Tra la grafica molto discutibile del manifesto (fra l’altro con disegni di Claudio ivi pubblicati senza consenso), definizioni improbabili (ragazzo del Piper), accostamenti arditi, presentazione di opere in contesti errati, l’immagine del nostro congiunto è stata offuscata.

Per chi volesse approfondire, in calce alleghiamo  alcuni stralci di un estratto della rivista ART&amp, come contributo nella specifica materia.

Circa le dichiarazioni dell’Assessore che auspica di poterci incontrare anche con altri famigliari di Claudio, rinnoviamo la nostra piena disponibilità all’incontro con lei in qualsiasi sede, ma non alla mostra che abbiamo già visitato, né in occasione della serata del 18 agosto perché quella è una giornata – a nostro avviso – che va interamente dedicata a Mia Martini, grandissima e sfortunata artista che merita l’esclusiva e non necessita quindi di supporti esterni che possano minimamente offuscare la sua immagine.

Giancarlo e Michela Cintoli

 

IL DIRITTO DI ESPOSIZIONE E RIPRODUZIONE DELL’OPERA
La più recente normativa in materia (Legge Autore, che integra e modifica la legge del 1941) non menziona espressamente il diritto di esposizione ma la giurisprudenza prevalente assegna questo diritto al proprietario dell’opera lasciando all’artista (o ai suoi aventi causa) solo la possibilità di lamentare “la violazione del proprio diritto morale d’autore qualora le modalità di esposizione ledano la sua reputazione e il suo onore (es: esposizione che includa opere d’arte non rappresentative del suo lavoro presentate invece come rappresentative o quando l’autore sia accostato ad altri artisti di diversa corrente o genere artistico).”
Ancora: “Se l’esposizione di opere d’arte (in particolare moderna e contemporanea) non è soggetta all’autorizzazione dell’autore (o suoi aventi causa), la riproduzione di opere su cataloghi e/o manifesti pubblicitari richiede invece sostanzialmente sempre il preventivo consenso dell’artista (o suoi aventi causa).”
“I curatori di mostre ed esposizioni dovranno pertanto accertarsi  di aver preventivamente acquisito dagli artisti  (o loro aventi causa) il diritto di riproduzione delle opere esposte, anche su internet, prima di pubblicarle su cataloghi o manifesti, così da non incorrere in violazioni  (ed eventuali richieste di risarcimento danni).”

 

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