Gabriele Accattoli

Con il precedente articolo avevo introdotto l’annosa, quanto subdola, problematica della violenza sulle donne; oggi continuo con quel tema, per poi passare al reato di stalking.

Ci eravamo lasciati con la presentazione del protocollo antistupro, al quale deve essere affiancata una anamnesi sulla violenza sessuale che deve riportare le seguenti informazioni: data, ora anche presunta e luogo dell’aggressione; numero degli aggressori; se sono conosciuti o no; eventuali notizie sull’aggressore; l’eventuale presenza di testimoni; se sono state fatte minacce e lesioni fisiche; la presenza di armi; se sono state assunte sostanze alcoliche o stupefacenti; se c’è stata una perdita di conoscenza; se c’è stato un sequestro di persona in ambiente chiuso e per quanto tempo.

All’anamnesi deve seguire un esame obiettivo che deve riportare: tempo trascorso tra la violenza e la visita; precedenti visite presso altri ospedali o presidi sanitari; pulizia delle zone lesionate o penetrate; cambio degli slip o di altri indumenti; defecazione; vomito o pulizia del cavo orale secondo le diverse modalità della violenza. È importantissimo non trascurare un aspetto molto rilevante, con il consenso della vittima devono essere segnalati eventuali rapporti sessuali avvenuti prima o dopo l’aggressione; questo aspetto è fondamentale per un’eventuale successiva tipizzazione del DNA dell’aggressore.

Successivamente a questa prima fase conoscitiva, si passa all’esame ispettivo extra-genitale che prevede la ricerca su tutta la superfice corporea della vittima le eventuali lesioni presenti. Se vengono riscontrate lesioni, esse vanno documentate fotograficamente, descritte specificando l’aspetto, la forma, il colore, la dimensione e la sede.

Le lesioni riscontrate in caso di violenza sessuale, possono essere di diverse tipologie, di tipo contusivo, derivanti dall’urto o prodotte con armi. Si possono riscontrare ecchimosi, escoriazioni, lacerazioni e fratture.

Quella che ho presentato è la parte iniziale dell’indagine, atta a focalizzare lo stato fisico della vittima e documentare, indelebilmente, i segni ed i riscontri dell’avvenuta violenza sessuale che serviranno alla ricostruzione dell’evento ed alla raccolta di indizi probatori. Da qui parte tutta l’indagine investigativa ,che ha lo scopo di accertare compiutamente, l’avvenuta violenza e di conseguenza identificare l’aggressore per dare inizio all’azione penale.

L’altro atto persecutorio che volevo presentare è lo stalking; apparentemente più blando rispetto all’avvenuta violenza sessuale, però non dobbiamo farci ingannare da ciò. Lo stalking sicuramente, già di suo è un fenomeno che psicologicamente porta malessere ed oppressione alla vittima, ma non si può escludere che detto fenomeno, possa poi sfociare in atti di violenza fisica arrivando anche all’omicidio della stessa.

Prima di entrare nell’argomento, che intendo trattare sotto il punto di vista della criminologia, è doverosa una fugace presentazione della storia legislativa del reato. Dobbiamo osservare, che il fenomeno dello stalking è diventato oggetto di attenzione legislativa solo in tempi relativamente recenti, riconoscendo le problematiche che esso stava sempre più causando sotto il profilo politico/criminale oltre a quello sociologico. Prima del riconoscimento del reato di stalking, il nostro Codice Penale prendeva solo in considerazione il reato di minaccia, articolo 612 c.p., che non poteva estendersi a tutte le fattispecie penalmente rilevabili, al contrario contemplate dall’art. 612 bis c.p., atti persecutori. Il reato di stalking venne introdotto con il Decreto Legge nr. 11 del 23 febbraio 2009, poi trasformato in legge nr. 38 del 23 aprile 2009.

Lo scopo della nuova disposizione normativa, fu quello di intervento nelle misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori lesivi della sfera giuridica individuale.

Fatta questa premessa, entriamo nella presentazione del fenomeno, guardandolo dalla prospettiva della criminologia; generalmente l’attenzione va indirizzata sulla vittima, e questo è più che giusto, essendo lei da salvare, tutelare, quella che ha subito, quella che rimarrà segnata per tutta la vita, se la cosa non è degenerata e la vita l’ha persa, lasciando in secondo piano l’autore del reato, lo stalker, senza andare a vedere di chi stiamo parlando.

Per presentare il fatto/reato è importantissimo vedere chi è e cosa è lo stalker, tracciando un profilo psicologico e criminologico. Lo stalker, per quanto assurdo, è la prima vittima, la vittima di sé stesso, un essere che dietro ad una maschera di persona forte e decisa, in realtà cela un uomo insicuro. Vittima di un’infanzia infelice che non è stata in grado di plasmare la crescita della persona, privandola delle giuste competenze per saper trasmettere bene ed amore. Studi su autori di stalking, hanno presentato soggetti che da piccoli sono stati ignorati o addirittura emarginati, che come incoraggiamento hanno ricevuto schiaffi, per essere incoraggiati, che ricevevano attenzioni nei propri confronti solo per raccogliere rimproveri, sceneggiate in pubblico e denigrazioni. Questo, in primis, per opera della famiglia e del padre, preso come modello di vita, incardinando in una mente sottomessa l’idea che per ottenere le cose che si vogliono, a tutti i costi, basta fare i capricci, come il bambino che urla per essere ascoltato dal padre, o piange per ottenere dalla mamma il gioco che vuole, o battere i piedi per attirare l’attenzione dei genitori. Tutte queste condizioni dell’infanzia, portano a plasmare nell’età adulta la necessità di mettere in atto un comportamento idoneo, secondo loro, nella continua ricerca di attenzioni, nonché nel desiderio di ottenere tutto ciò che si vuole, con visioni del tutto personali di come manifestare affetto e come riceverne, in forma ossessiva.

Da qui deriva la concezione che da adulto, diventare uno stalker, equivale a diventare simile a colui che si è sempre odiato, che è stata la causa delle proprie insicurezze, sfogando sulla vittima tutti i traumi in maniera passiva ed aggressiva, per sentirsi forte, andando alla ricerca di qualcuno da sottomettere, conquistare, al fine di far diventare la vittima totalmente dipendente dalla sua opera di sottomissione, diventando lui stesso proprietario dell’altra persona e poterne disporre come vuole.

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Seguendo la visione criminologica, si deve evidenziare che lo stalker pone in essere un complesso di comportamenti che diventano persecutori solo quando sono consapevoli, intenzionali, insistenti, e duraturi, che possono essere messi in atto con apparenti semplici gesti. Lo stalker può manifestare il suo comportamento in molteplici modi, come sorvegliare, aspettare, inseguire, raccogliere informazioni sulla vittima e sulle sue abitudini, appostarsi sotto casa  o nei pressi del luogo di lavoro, pedinare, inviare ripetute lettere, sms, e-mail o messaggi su social network, telefonare e lasciare messaggi in segreteria, inviare regali, fare visite a sorpresa, simulare incontri improvvisi nei luoghi frequentati dalla vittima, appropriarsi e leggere la corrispondenza, ordinare merci e servizi a nome della vittima, diffondere informazioni diffamatorie ed oltraggiose, minacciare atti di violenza sia sulla vittima che nei confronti di familiari o suoi animali, introdursi nei luoghi di privata dimora della vittima, anche arrivando al danneggiamento o distruzione dei suoi beni.

Se andiamo ad analizzare il significato della parola stalking, possiamo vedere che essa parte da “to stalk”, che tradotto significa “appostarsi”, e di conseguenza “stalking” possiamo tradurla in “cacciatore dell’agguato”, ovvero come colui, ed attenzione, anche colei, che si intromette furtivamente nella vita altrui. Così facendo si va a realizzare la sindrome del molestatore assillante, ovvero il soggetto attore, che pone in essere una serie ripetuta di azioni di fatto indesiderate, che vanno a provocare disagio, angoscia, fastidio, preoccupazione, paura e terrore.

Nella maggior parte dei casi, gli stalker hanno disturbi o squilibri mentali, infatti studi psicologici portano a suddividere gli stessi in due gruppi, gli psicotici ed i non psicotici, che a loro volta si suddividono in cinque sottocategorie: il rifiutato; il risentito; cercatore di intimità o innamorato; corteggiatore incompetente o pretendente; predatore.

Frightened teenager or young woman using smart mobile cell phone as internet cyberbullying by message stalked abused victim.

Lo stalker “rifiutato” deriva da una rottura del legame affettivo precedente all’inizio degli atti persecutori. Per la nascita del comportamento “stalking”, dopo la rottura, non è necessario che durante la relazione precedente, si siano verificati episodi di violenza o maltrattamento, e di contro, non è scontato che dalla rottura di un rapporto segnato da violenze e maltrattamenti possa nascere uno stalker. Però è doveroso evidenziare, che un eventuale ex partner che ha già posto in essere comportamenti violenti e di maltrattamento durante il rapporto affettivo, qualora attuasse un comportamento di stalking dopo la rottura, questo potrebbe diventare un alto fattore di rischi per possibili azioni violente. Ovviamente la vittima di questa tipologia di stalking è l’ex partner, e la motivazione alla base del comportamento è il tentativo di rinstaurare il legame o il desiderio di vendetta a seguito del rifiuto. Questo agevola il fatto che il comportamento dello stalker perduri nel tempo, con lo scopo di mantenere una vicinanza con la vittima, se pur distorta, o il tentativo di portare avanti la propria rivalsa. Tenendo in considerazione la natura specifica del legame tra stalker e vittima, amplificata da un insieme di elementi emotivi molto forti, rende difficoltoso spezzare il ciclo di comportamenti persecutori. D’altro canto, facilita una dettagliata raccolta di informazioni sullo stalker, essendo esso conosciuto, da permettere una delineazione più precis,a riguardo l’analisi di rischio, anche per eventuali future azioni violente.

Lo stalker “risentito”, viene identificato in colui che agisce dal momento in cui si ritiene vittima di un’ingiustizia o di un’umiliazione. Secondo lo stalker, la vittima è percepita come la causa che ha generato l’ingiustizia nei propri confronti, tramite le sue azioni o perché rappresentante di un qualcosa che ha generato il sentimento di oppressione, ritenendo necessario di agire spinto da un desiderio di vendetta. Lo scopo dello stalker, è perseguire la vittima con il tentativo di essere risarcito dell’ingiustizia percepita, o dal senso di potere derivante del perseguire la vittima. Questo tipo di stalker, è caratterizzato da una personalità molto fragile che prova gratificazione nel sentirsi dominante con il controllo della situazione, magari per la prima volta nella vita. Il suo sentimento lo fa porre come difensore di diritti nella lotta contro aggressori più potenti, sentendosi anche giustificato delle sue azioni. Per questa tipologia di stalker non necessita la conoscenza diretta e stretta tra persecutore o vittima, rendendo inizialmente difficile l’identificazione del reo, visto che le azioni possono essere portate a termine anche in forma anonima. Il fattore di rischio che genera questa tipologia di stalker, ricade nella possibilità che lo stesso si presenti in forma anonima, quindi non conosciuto dalla vittima e di conseguenza difficile da valutare l’eventuale pericolosità per atti violenti. Il fattore di rischio più importante, che può portare ad azioni violente, è il fallimento dei propri sforzi per ottenere giustizia.

Lo stalker “cercatore di intimità o innamorato” proviene da un contesto sociale/familiare dove prevale un senso di solitudine, mancanza di affetti profondi, intimi o magari soltanto amichevoli. Generalmente la vittima è una persona estranea alla sfera personale dello stalker, potrebbe essere una figura pubblica o incontrata occasionalmente, o conoscente ma con la quale ha pochi contatti. Lo scopo, il motivo, che spinge lo stalker alle sue azioni persecutorie, è nel desiderio di ricercare un contatto intimo con la vittima. Lo stalker, è afflitto da ideazione immaginata o delirante, che lo porta a convincersi dell’esistenza di una relazione reale, anche se non esistono fattori concreti che possono confermare l’esistenza di essa. Il persecutore si autoconvince di aver trovato un contatto intimo o di amicizia con la vittima, nutrendo una fissazione morbosa nei confronti della vittima. Il fattore di rischio maggiore, come per la precedente tipologia di stalker, e per quelle a venire, ricade nell’impossibilità di conoscere preventivamente il persecutore, non poterlo identificare fin dall’inizio e quindi rimanere con il dubbio dell’effettiva pericolosità del soggetto. La ideazione di relazione con la vittima, porta lo stalker a non riconoscere e comprendere lucidamente e consapevolmente le risposte della vittima, e non soltanto quelle negative, ma anche il disagio che la vittima gli trasmette, per questo è possibile che il rischio di eventuali recidive, o peggio, azioni violente, sia maggiore per effetto della convinzione che la vittima ricambi l’affetto. Sicuramente, il riconoscimento del fallimento nel tentativo di istaurare un legame con la vittima, aumenta il fattore di rischio per possibili azioni violente, ritenendo anche, che il suo fallimento possa essere dipeso dall’interferenza di terze persone, portando il persecutore ad un innalzamento del livello di rabbia.

Lo stalker “corteggiatore incompetente o pretendente”, come per il precedente è da inquadrare da una provenienza di solitudine, ma a differenza dell’altro, il suo obiettivo è quello di instaurare una relazione intima con la vittima, che può anche qui essere estranea o conoscente e l’approccio è caratterizzato da modalità rozze ed inappropriate. Lo stalker corteggiatore, è molto simile al cercatore di intimità, anche lui percepisce difficilmente i segnali di diniego ed al disagio che crea alla vittima, però il corteggiatore, interrompe la propria attività persecutoria, quando si rende conto della mancata reciprocità da parte della vittima ed il suo approccio risulta indesiderato.  Resta il fatto comunque, che il desistere non è così  immediato, ed il perseverare negli atti persecutori possono allungarsi in attesa di un possibile ripensamento della vittima sull’eventualità di un rapporto di intimità. Uno dei fattori di rischio maggiore per eventuali azioni violente, ricade nell’ipotesi di un elevato livello di rabbia per il mancato raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Un ulteriore fattore di rischio, per la perseveranza e durata degli eventi di persecuzione, può essere dato dal percepire, da parte dello stalker, di essere autorizzato nel proprio comportamento, restando indifferente alle risposte di disagio manifestate dalla vittima, il tutto accentuato da un forte senso di egocentrismo, rendendolo cieco di fronte alla realtà della situazione, rendendolo incapace di porsi nei panni della vittima.

In ultimo abbiamo lo stalker “predatore”, che è caratterizzato e spinto nelle sue azioni persecutorie, da interessi sessuali, anche di natura deviata e di pratiche inusuali. La vittima prescelta è generalmente estranea, tipicamente di sesso femminile o addirittura un minore. La motivazione che spinge lo stalker predatore, è la preparazione ad un attacco di natura sessuale, non cerca quindi una relazione, ma solo lo sfogo di un sentimento materiale, sessuale, che già di per sè presenta una forma violenta e di sottomissione della vittima. La durata nel tempo della persecuzione, va ricercata nel piacere percepito da atti di voyeurismo, nell’immaginare il futuro attacco e del senso di potere e di onnipotenza, che deriva dalla convinzione di essere in possesso del controllo sul destino della vittima. Il fattore di rischio più incalzante è che questa tipologia di stalker, probabilmente, ha già avuto esperienze di violenze, anche sessuali, e la valutazione di pericolosità diventa complessa per diversi motivi, primo tra tutti l’agire, di norma, nell’anonimato. Anche se le varie tipologie di approccio ,messe in essere da questo stalker, potrebbero non far emergere la presenza o meno di intenzioni effettive di attacchi di natura sessuale, è  che il suo piacere trova sfogo nel tormentare la vittima, infierendo su di lei nel far crescere sempre di più uno stato di paura.

Qui mi fermo, non sto ad appesantire, ulteriormente, con statistiche di vario genere sul fenomeno del femminicidio e stalking, purtroppo direttamente o indirettamente tutti siamo consapevoli del peso che gli stessi hanno nella vita di tante vittime. Un appello però devo farlo, non abbandoniamo le vittime di femminicidio, non restiamo indifferenti pensando che ciò che veniamo a sapere non sia di nostra competenza o interesse, tutti possiamo dare il nostro contributo.

 

Accattoli Gabriele

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