Non si poteva scegliere sede migliore per mostrare i capolavori di M.C. Escher, l’artista olandese visionario e anti-convenzionale, noto per le sue rappresentazioni di paradossi matematici, prospettive apparentemente impossibili e immagini stranianti, che mettono in discussione l’idea comune di spazio. Ossessionato dalla geometria e dalle ripetizioni matematiche infinite, è nel Palazzo dei Diamanti, uno dei monumenti più celebri di Ferrara e del Rinascimento italiano, che la mostra trova la perfetta connessione a partire dal bugnato della facciata dall’effetto prospettico sorprendente. Peccato che nel suo breve passaggio nella città Estense, diretto verso Venezia, non si sia spinto oltre la Cattedrale di San Giorgio. Di sicuro sarebbe rimasto affascinato dalla trama visiva creata dalla fitta ripetizione dello stesso elemento.

La visita si svolge nelle sale affollate, a tinte blu e piuttosto buie, con sezioni intervallate da stanze magiche, illusioni ottiche, spazi interattivi, iniziando dai primi lavori ispirati ai soggetti naturali delle decorazioni liberty.
Si procede nella seconda parte dedicata all’Italia dove ha vissuto per 12 anni. Numerosi sono i suoi viaggi nelle città e nei borghi più rappresentativi del Bel Paese per immortalare i vari paesaggi e monumenti, quasi anticipando i paradossi prospettici e le illusioni ottiche delle opere della maturità. Il 29 aprile 1922 Escher si trova nelle Marche, precisamente ad Urbino, con la previsione di rimanervi per mesi “per imparare a capire queste colline ondulate e la vegetazione lussureggiante”, così scrisse nei suoi diari. E saranno proprio queste alture increspate protagoniste in alcune delle sue Tassellature (ispirate all’Alhambra, complesso di edifici nella città di Granada), che troviamo nella terza sezione, e nelle Metamorfosi, nella quarta, temi molto cari a Escher.

La Metamorfosi II (1940), opera di notevole estensione (lunga quasi 4 metri), inizia con la parola “metamorphose” che diventa una scacchiera bianco-nera per trasformarsi in rettili, rane, esagoni, api, libellule, in pesci, in uccelli, in cubi, in case, in un villaggio (che riproduce Atrani, sulla costa amalfitana, tanto amata da Escher), ancora in una scacchiera questa volta con gli scacchi sopra, poi di nuovo in una semplice scacchiera bianco-nera, per terminare con la parola “metamorphose” con cui l’opera era iniziata. L’inizio è uguale alla fine e la fine è come l’inizio. Nel mezzo ci sono trasformazioni continue di figure e passaggi di specie diverse. Dopo il fantastico e inaspettato viaggio tra le forme in continuo mutamento si passa nella quinta sezione dedicata allo spazio. Qui troviamo la famosa litografia Striscia di Möbius (1961), con formiche che camminano indefinitamente sul nastro percorrendone tutta la superficie, e con il suo autoritratto al centro della sfera che sembra richiamare i grandi capolavori fiamminghi del Quattrocento. Ma il vero autoritratto è l’Occhio (1946) che vede. All’interno della pupilla un teschio ci sta guardando: riferimento esplicito alla tragicità del destino umano. La morte che fa parte di noi, viene accolta dallo sguardo vivo dell’artista.
Nell’ultima sezione troviamo le architetture, le composizioni geometriche e le distorsioni prospettiche. Tutto a prima vista sembra perfettamente plausibile ma, ad una più attenta indagine, si rivela l’impossibile.

Nato in un’epoca in cui i computer non esistevano e neppure i social così come l’intelligenza artificiale, ha creato opere con principi scientifici che non poteva conoscere. Capolavori come Salire e Scendere, Belvedere, Cascata, Galleria di stampe, o ancora Relatività, opera certamente influenzata da Giovanbattista Piranesi (1720-1778), l’artista architetto di cui fu collezionista e che ci ha lasciato la raccolta di incisioni Le Carceri D’Invenzione, riflettono due aspetti essenziali dell’arte del grafico olandese: la sua sublime abilità nel disegno nel creare immagini affascinanti senza sbavature, e il suo complesso rapporto con la matematica, la geometria e il tema della riproduzione grafica dell’infinito.

La mostra, un’antologica di 130 opere, continuerà fino al 21 luglio 2024.
Un consiglio?  Meglio prenotare la visita.

-Nikla Cingolani

Note di biografia

Maurits Cornelis Escher é nato nel 1898 a Leeuwarden (Paesi Bassi ). Suo padre George era un ingegnere civile. Mancino (come da Vinci, Dürer o Holbein) realizzerà durante tutto il corso della sua vita circa 450 litografie, legni incisi, incisioni su legno, più di 2000 disegni ed innumerevoli ricerche grafiche.
Iniziò gli studi d’ingegneria all’Università di Delft, frequentando, al tempo stesso, dei corsi alla Scuola di Architettura di Haarlem. Grande viaggiatore, abiterà in Italia (Roma) per dodici anni (1923-1935); si sposa a Viareggio e lavora incessantemente alla sua arte, realizzando un insieme di studi che sfoceranno in qualche straordinaria incisione al suo rientro in Olanda (1937).
Il ritorno al paese natale costituisce il periodo chiave della sua cifra artistica. Realizza delle incisioni nelle quali la sua virtuosità tecnica unita alla sua maniera inimitabile di giocare con la prospettiva apre le porte di un mondo fantastico, personale ed unico. Disegni e litografie hanno sempre destato forte ammirazione e sono state spesso utilizzate con ottimi risultati anche in didattica scientifica pur restando ai margini dei manuali di storia dell’arte.
Nel 1962, è costretto a sottoporsi ad una serie di operazioni e ad un lungo ricovero in ospedale a causa delle sue precarie condizioni di salute. Si trasferisce quindi in una casa di riposo per artisti a Laren, in Olanda dove morirà nel 1972 ; trent’anni dopo la sua morte ne verrà riconosciuto il genio inaugurando all’Aja l’Escher Museum.

foto ©PaoloFarina

Mano con sfera riflettente (1935), litografia
Occhio (1946), xilografia
Relatività (1953), litografia
Una delle sale immersive della mostra “Escher”, Palazzo dei Diamanti, Ferrara

 

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