Conclusa, dai finanzieri del Gruppo di Macerata, un’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, nei confronti di una serie di imprese, dislocate anche fuori dal contesto provinciale di Macerata.

La capillare indagine, che ha interessato, in particolare, ben 33 imprese operanti nel «distretto industriale del tessile e dell’abbigliamento», ha preso le mosse dall’analisi di approfondimenti di natura antiriciclaggio, in ciò avvalendosi dei poteri di Polizia Valutaria esclusivi della Guardia di Finanza, e si è, quindi, sviluppata mediante il minuzioso esame delle contabilità aziendali e dei conti bancari dei titolari, nonché attraverso ulteriori riscontri investigativi operati sul campo.

Le società indagate erano, nella maggioranza dei casi accertati, accomunate da un breve se non brevissimo ciclo di vita aziendale che, generalmente, non superava i tre anni, salvo poi proseguirlo con altri soggetti giuridici ovvero con soggetti compiacenti; un reticolo di imprese cosiddette «apri e chiudi».

Ammontano a circa 20.000.000 di euro le basi imponibili, ai fini delle imposte sui redditi, complessivamente evase. Mentre sono diciannove gli imprenditori segnalati all’Autorità Giudiziaria per svariati illeciti penali ricadenti nel Decreto Legislativo n. 74 del 2000.
Il sistema di frode consisteva, in sostanza, nell’aprire svariate attività commerciali per mezzo delle quali effettuare lavorazioni tessili conto terzi, con emissione delle relative fatture di vendita, ma omettendo, quasi sistematicamente, la presentazione delle corrispondenti dichiarazioni fiscali.
Inoltre, è stato accertato che diverse aziende controllate, avvalendosi di alcune società cosiddette “cartiere”, registravano in contabilità fatture di acquisti relativi ad operazioni inesistenti, in modo da abbattere la propria base imponibile e di conseguenza versare meno imposte all’Erario. Successivamente, dopo una breve vita aziendale, i responsabili si rendevano irreperibili.

Ma non solo evasione fiscale. È stato anche accertato che una società, non più operativa, è risultata beneficiaria dell’importo di oltre € 42.000, quale contributo a fondo perduto previsto dal cosiddetto “Decreto Sostegni”. Una misura, questa, destinata a contenere gli effetti economici e sociali conseguenti all’emergenza epidemiologica, commisurata alla diminuzione di fatturato subito a causa della pandemia.

In realtà, dagli accertamenti esperiti, le Fiamme Gialle maceratesi hanno riscontrato come la società, quantunque la propria posizione fiscale fosse dichiarata formalmente attiva, di fatto, avesse terminato le attività aziendali ben prima dell’entrata in vigore del Decreto Sostegni e, pertanto, non aveva i requisiti per l’accesso al contributo.

Allo scopo di scongiurare l’utilizzo fraudolento di partite I.V.A., solo formalmente attive, ma in realtà non più operative, su segnalazione del Reparto, la competente Agenzia delle Entrate ha emesso provvedimenti di cessazione d’ufficio per 10 di esse.

Nell’ambito dell’inchiesta, i Giudici per le Indagini Preliminari del Tribunale di Macerata, chiamati a giudicare, hanno emesso – su richiesta della Procura della Repubblica ­– diversi provvedimenti, disponendo, complessivamente, il sequestro per equivalente di beni fino a concorrenza delle imposte evase per circa 3.000.000 euro.

L’evasione fiscale costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico perché distorce la concorrenza e l’allocazione delle risorse, mina il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato e penalizza l’equità, sottraendo spazi di intervento a favore delle fasce sociali più deboli. Da qui l’importanza dell’azione “chirurgica” svolta dalla Guardia di Finanza contro gli evasori totali e i frodatori non solo sul piano repressivo ma anche preventivo, chiedendo la cessazione delle partite IVA dei soggetti coinvolti in circuiti di frode.

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