Questa aggettivazione, se riferita a persone investite di cariche pubbliche, più che un elogio potrebbe essere interpretata come un necrologio per la comunità che queste persone sono chiamate a governare. La frase è un retaggio di quell’epoca in cui tanti, forse troppi, faccendieri occupavano la scena politica non tanto per fare gli interessi della comunità quanto piuttosto per sistemare le loro situazioni economiche nonchè quelle dei loro sodali. Per distinguere coloro che nulla avevano a che fare con questo tipo di losca attività da coloro che invece volevano dare il proprio disinteressato contributo alla società, la saggezza popolare coniò quella frase che per decenni, sia pure in modo molto empirico, ha rappresentato spesso lo spartiacque tra la buona e la cattiva amministrazione.

Altra nascosta indicazione, contenuta in questa frase, è quella che se pur non hanno la scaltrezza e la furbizia dei primi sono comunque delle persone probe che mai commetterebbero illeciti per fini personali. La saggezza popolare, come è noto, da sempre è punto di riferimento del comportamento di tanti, anche se spesso le sue indicazioni risultano datate e non sempre ciò che era verità ieri può risultare essere completa verità anche oggi.

La trasparenza amministrativa, diventata legge dello Stato, e la capillare diffusione dei mezzi di comunicazione oggi pongono sotto i riflettori tutti coloro che si occupano di pubblica amministrazione. Lo spazio per quei tipi di figuri che antepongono i propri interessi a quelli della Comunità si sono ampiamente ridotti per cui scegliere in base solo o principalmente perché SONO BRAVE PERSONE oggi risulta essere ampiamente riduttivo.

Oggi chi avverte la vocazione ad occuparsi di pubblica amministrazione, e per questo si propone anche al vertice della piramide amministrativa, deve avere anche la capacità di indicare non solo in termini di natura contabile e finanziaria (strumenti con i quali vengono definiti soprattutto gli impegni di spesa di natura corrente e ricorrente) ma anche e soprattutto in termini di prospettiva di medio e lungo termine come intende disegnare il futuro della città. Proclamare che si intende conservare la natura e le caratteristiche della città non significa congelare l’esistente e dedicarsi a rattoppi conservativi di dubbia efficacia ed utilità ignorando una programmazione del futuro in cui possano ritrovarsi insieme riti e tradizioni con innovazione tecnologica al servizio del benessere e del comfort del vivere quotidiano del cittadino.

Se la città soffre di una compressione abitativa nel centro storico, non supportata da un adeguato sistema viario, non sarebbe opportuno parlare di come procedere per un riassetto urbanistico? Se esiste un problema di caro energia non sarebbe opportuno procedere favorendo la realizzazione di comunità energetiche, strumenti individuati dal Parlamento per contribuire a mitigare l’aumento dell’elettricità? Se in una zona della città la spiaggia è ormai inesistente e difficilmente oggi potrà soddisfare la presenza delle migliaia di turisti che negli anni scorsi ha ospitato non sarebbe opportuno verificare la fattibilità di una licenza di lottizzazione che prevede in quella zona la presenza di oltre duemila turisti o e già previsto che per andare al mare si ricorrerà alla turnazione?

Questi alcuni degli interrogativi che potrebbero trovare risposta se solo si avesse la consapevolezza che il futuro di una città si costruisce programmandolo in coerenza di una visione complessiva di quelli che sono i vincoli ambientali e le aspettative economiche e sociali della comunità che vive in un contesto molto più vasto del proprio.  Come alternativa, naturalmente, si potrà sempre trovare consolazione riproponendo il detto popolare: PERO’ ERANO BRAVE PERSONE!

Gioacchino Di Martino

Porto Recanati 2 maggio 2022

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1 commento

  1. Ario Roncitelli on

    Eh no, non basta essere “brave persone” quando si è incompetenti e incapaci di occuparsi dei problemi della collettività. A cominciare da quelli presunti “turistici” sullo sfruttamento speculativo della spiaggia, con i balneari che fanno tutte le parti in commedia: “imprenditori”, fornitori di servizi, “motori” dell’economia locale, “vittime” del maltempo e della cattiva stagione. A loro però NESSUNO chiede conto di quanto la collettività spende per il LORO tornaconto (es. ripascimenti continui dell’arenile).

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