Su delega della Procura della Repubblica di Fermo, i Finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno eseguito confische “per equivalente” (di disponibilità finanziarie e di quote societarie), per un valore di quasi 95mila euro, nei confronti di 2 cittadini italiani – un rappresentante legale ed un socio unico di due società operanti nella provincia fermana -, resisi responsabili di reati tributari. Infatti, al termine di precedenti controlli, è stata accertata un’evasione di IRES ed IVA per oltre 365mila euro e la mancata presentazione delle dichiarazioni relative a dette imposte ed entrambe le persone sono state denunciata all’Autorità Giudiziaria, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 74/2000, che prevede la reclusione da due a cinque anni.
La confisca è una misura di sicurezza patrimoniale applicata nei confronti di un condannato, con sentenza passata in giudicato o per patteggiamento, per determinati reati (quali, ad esempio, taluni gravi reati fiscali) e consiste nell’espropriazione a favore dello Stato di beni, profitto o comunque pertinenti il reato, nella disponibilità del reo; quando ciò non è possibile in via diretta, è eseguita anche nella forma così detta “per equivalente”, che colpisce beni di cui il destinatario abbia anche la semplice disponibilità, per un valore corrispondente a quello del prezzo o del profitto del reato. Il sequestro di patrimoni illeciti, denaro, immobili o altri “beni rifugio”, assume un importante valore sociale, perché consente di restituire alla collettività le ricchezze accumulate illegalmente nel tempo.
Parallelamente, a contrasto dell’evasione e delle frodi fiscali, sono stati svolti 36 interventi, tra controlli e verifiche. La prima tipologia di ispezione, estremamente spedita e flessibile, è generalmente avviata sulla base di irregolarità già note agli investigatori e delineate almeno negli elementi essenziali, spesso acquisite in maniera trasversale nel corso di altre attività di istituto; le verifiche sono invece attività più “penetranti” e complesse, spesso eseguite nei confronti di soggetti economici connotati da elevati indici di rischio di evasione o di frode.
Nel corso di tali attività, i militari hanno identificato 4 evasori totali, sconosciuti al fisco, e denunciato 8 responsabili per reati fiscali, formulando le relative proposte di sequestro all’Autorità Giudiziaria per oltre 2,3 milioni di euro. Sono stati complessivamente scoperti comportamenti evasivi finalizzati all’occultamento di base imponibile per oltre 9,4 milioni di euro, da cui è scaturita un’evasione di imposte dirette per oltre 2,3 milioni di euro e di IVA per 776mila euro. Sono stati poi rilevati crediti d’imposta inesistenti o non spettanti per più di 85mila euro, illecitamente compensati con reali debiti tributari, che hanno permesso di beneficiare di un indebito risparmio di imposte dovute, permettendo in alcuni casi di azzerare completamente le proprie posizioni debitorie nei confronti dell’Erario.
Le condotte illecite sono attualmente al vaglio dell’Autorità Giudiziaria e, sulla base del principio di presunzione di innocenza, l’eventuale colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine sarà definitivamente accertata solo ove interverrà sentenza irrevocabile di condanna.
Oltre a quanto precede, con specifico riguardo alla generalizzata situazione di incertezza economico-finanziaria, acutizzata nel Paese dalla pandemia, i militari della Guardia di Finanza hanno posto grande attenzione alle manovre di natura speculativa e di evasione fiscale legate all’acquisto di c.d. “beni rifugio”, non registrati e spesse volte oggetto di acquisto e di successiva rivendita interamente in “nero”. Tali beni, considerati ormai “alternativi” rispetto ad investimenti classici, quali immobili e più comuni prodotti bancari, possono essere spesso comprati in contanti e sono quindi di difficile tracciabilità. Il fenomeno, soprattutto negli ultimi anni, ha determinato l’aumento esponenziale del valore di alcuni beni di lusso, come ad esempio orologi di alta gamma di noti marchi, ed ha contribuito alla diffusione di rivenditori (re-seller) su tutto il territorio nazionale, che comprano questi orologi prevalentemente all’estero, dove le quotazioni sono più basse, per poi rivenderli nel nostro Paese a prezzi sensibilmente più alti.
In tale contesto, l’intervento dei militari del Comando Provinciale di Fermo ha permesso di individuare la presenza di 8 Rolex acquistati irregolarmente da un gioielliere della provincia marchigiana e detenuti presso la sede della propria attività. Dalle dichiarazioni dello stesso imprenditore locale, che non ha potuto altrimenti giustificarne la presenza all’interno del proprio esercizio commerciale, è stato possibile muovere una contestazione per violazione della disciplina sul pagamento dei beni in contanti oltre i limiti consentiti dalla norma e di rilevare la mancata dichiarazione dell’IVA relativa all’acquisto dei medesimi orologi. Al re-seller fermano sono state così irrogate sanzioni per circa 6mila euro ed è stata contestata l’IVA relativa alle vendite per circa 12mila euro rispetto al valore di acquisto degli orologi, stimato in oltre 70mila euro.
L’evasione fiscale costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico perché distorce la concorrenza e la distribuzione delle risorse, compromette il rapporto tra cittadini e Stato e penalizza l’equità, sottraendo spazi di intervento a favore delle fasce sociali più deboli. Da qui l’importanza dell’azione “chirurgica” svolta dalla Guardia di Finanza contro gli evasori e i frodatori.
In un’altra occasione, nel corso di un’ispezione eseguita nei confronti di un deposito di prodotti petroliferi sottoposti ad accisa, l’imposta indiretta che colpisce questi specifici beni, i militari hanno riscontrato una deficienza non giustificata di GPL per riscaldamento per oltre 14.700 kg, oltre il calo ammesso dalla normativa di settore, recuperato circa 4mila euro di accisa e contestato violazioni amministrative fino ad un massimo di 9.000 euro, per irregolare tenuta della documentazione contabile inerente i carburanti.
Infine, in considerazione della crisi causata dal conflitto bellico in corso, che ha determinato tra l’altro un incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi, nel corso di costanti monitoraggi e di specifici controlli un’attenzione particolare è posta dai Finanzieri sulla corretta pubblicità dei prezzi di tali prodotti, sulla loro esposizione al pubblico e sull’eventuale individuazione di “sintomi” di condotte distorsive della corretta dinamica di formazione del prezzo al cliente, dai quali possano derivare condotte penalmente rilevanti o lesive della libera concorrenza.