un momento della processione per il venerdì santo a Recanati

Tra i riti pasquali della Settimana Santa, a Recanati rivestono particolare importanza la rievocazione le ultime Tre Ore della passione di Gesù e la processione del Venerdì Santo. Esse richiamano i riti penitenziali medievali e le loro origini si perdono nei secoli.

La chiesa di San Vito viene addobbata calando teli neri lungo le colonne, con luminarie appropriate e ricostruendo lo scenario che rappresenta il Monte Calvario sul quale vengono issate le tre croci, posizionate le statue e calato il Cristo morto snodato. Da qui prende le mosse la tradizionale processione del Venerdì Santo. Una processione particolarmente suggestiva e che rispetta da oltre due secoli uno stesso protocollo. I componenti della Confraternita della Misericordia o Morte camminano incappucciati nei sacchi bianchi e neri, in segno soprattutto di umiltà.

Aprono la processione i sacconi bianchi disposti in due file parallele e portano in mano oggetti in legno che ricordano la Passione. Fra i sacconi bianchi ci sono anche quelli mandati dalla famiglia Leopardi, che pensò a ricostituirli, che si distinguono per il Rosario nero legato in vita. Poi gruppi di fedeli, la banda comunale, gli amministratori e i sacerdoti.

Uno di loro mostra un reliquiario che custodisce un piccolo pezzo del legno della vera Croce, custodito durante l’anno nel Sancta Sanctorum della cattedrale. Segue questo corteo il catafalco, con sopra la statua, velata da un fine pizzo nero, del Cristo morto snodato. Il catafalco è sospinto da alcuni sacconi neri, mentre altri sacconi neri portano a spalla le statue, a grandezza naturale, delle Pie Donne e di Giovanni Battista che assistettero alla morte di Gesù. Il ritmo della marcia della Processione è dato dal battere cadenzato della scandola, un antico strumento di legno che, nella Settimana Santa, sostituisce il suono delle campane e un tempo veniva suonato dai sacconi lungo le vie cittadine per annunciare il mezzogiorno.

un momento della tradizionale processione di Porto Recanati “la bara de notte”

Le “divise”, cioè i sacchi neri o bianchi indossati per l’occasione della Processione, sono pertanto la sedimentazione e il simbolo di quelle Confraternite. La Confraternita della Misericordia o della Morte sorse nel 1550 ed è l’unica ancora esistente e attiva. Inoltre, la Confraternita dei Sacconi, secondo Monaldo Leopardi, venne eretta a Recanati nel 1817 nell’Oratorio della Congregazione dei Nobili. All’epoca era uso seguire le processioni da parte dei confratelli, incappucciati. Quegli incappucciati che tanto avevano spaventato il nostro Giacomo Leopardi, quando aveva circa tre o quattro anni e che lui chiamerà “bruttacci”.

I sacconi con il conte Vanni Leopardi

E forse non tutti sanno che una quindicina di sacconi bianchi, per antica tradizione, nella processione del Venerdì Santo, si vestono con abiti messi a disposizione da Casa Leopardi: una tunica di stoffa grezza, pesante, molto vecchia, trattenuta in vita da una corda intrecciata e annodata a cui è legato un grosso rosario nero che li distingue dagli altri comuni sacconi bianchi che si vestono invece nella chiesa di S. Vito.

I sacconi a Porta Marina

Altra curiosità è quella legata alle statue: tra XVIII e XIX secolo vi erano abili artigiani specializzati nella loro realizzazione, in genere in cartapesta o con parti impagliate ed altre, come mani e piedi, in gesso. Qui a Recanati, in particolare abbiamo notizie, attraverso la rivista “Casanostra”, di Luigi Lucasi (1787-1870), quale autore di varie statue per le nostre chiese e tra esse la Vergine Addolarata, San Giovanni e Maria Maddalena per la chiesa di San Vito. Le stesse statue che vengono portate in processione ancora oggi.

Anche la statua del Cristo snodato è una “preziosità”. Questo tipo di figura trae origine da tradizioni catalane ed aragonesi, portate in Italia a seguite delle contaminazioni culturali dovute alle dominazioni spagnole ed ai Gesuiti che provenivano da quelle terre. Questo corpo che sembra vero, fuoriesce da una lunetta sopra l’altare maggiore, dopo essere passato per uno stretto passaggio che dalla sagrestia sale dietro all’altare maggiore. E’ sorretto da sotto le braccia da lunghi bianchi teli e viene disceso lungo la scala, durante la cerimonia delle Tre ore, per essere posizionato nella scena.

A proposito di Cristo ritorniamo, per un momento, alla Preziosa Reliquia della Santa Croce dell’allora stimato argentiere e scalpellino recanatese Paolo Bonessi che lavorò anche per la Curia Recanatese ed il Conservatorio dell’Assunta. Questo reliquiario ha un’anima di legno rivestita da una spessa lamina d’argento. Nelle terminazioni e all’incrocio dei bracci si aprono piccoli incavi per la custodia delle reliquie.  Quella centrale è più grande ed ha forma circolare, contiene, secondo la tradizione, la reliquia della Santa Croce che fu donata da Gregorio XII, il Papa sepolto a Recanati.  Le altre due teche, situate all’estremità superiore ed inferiore, conservano le reliquie della Sacra Spina e della Santa Croce, composta da due piccoli frammenti legati insieme. Il rivestimento prezioso porta numerosi punzoni del Bonessi, riconducibili agli anni tra il 1809 al 1819. Una reliquia della Sacra Spina è conservata anche nella chiesa di San Francesco.

La scandola, chiamata diversamente in altre città, è uno strumento artigianale composto da una scatola in legno, a forma di parallelepipedo. Dentro gira una ruota dentata che viene azionata da una manovella. Ad ogni giro si crea il tipico rumore del SCR, SCR, da cui potrebbe derivare il nome onomatopeico.

Inoltre nei venerdì di Quaresima, sempre in San Vito, presso la Congregazione die Nobili, si tenevano discorsi sacri. Alcuni di questi furono composti dallo stesso Giacomo Leopardi, giovanetto, incoraggiato dal padre Monaldo. Lì furono recitati da lui, tra il 1809 e il 1814, i suoi Ragionamenti sulla Passione di Cristo sono: Per il Santo Natale e i Pastori che scambievolmente s’invitano ad adorare il Nato Bambino (1809), Per il giorno delle Ceneri (1810), Il trionfo della Croce(1812), Crocifissione e morte di Cristo (1813), La Flagellazione e Condanna e viaggio del Redentore al Calvario (1814).

Una mia ipotesi è anche quella che Giacomo da frequentatore di quella chiesa, fosse rimasto ammirato da opere come la “Crocifissione”, un’opera datata 1580 di Giuseppe Valeriano o i “Tre Martiri Gesuiti crocifissi” di Pietro Scarnabò che ricorda il primo martirio cattolico in terra d’oriente relativo a San Paolo Miki. Oggi quest’opera restaurata si trova presso i musei civici di Villa Colloredo Mels. Queste opere potrebbero essere state una delle fonti di ispirazione, nella sua fervida mente, nello scrivere gli stessi Ragionamenti Sacri.

Antonella Maggini

 

 

 

 

 

 

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