Niente mare ma tanti giochi, comunque, all’aperto per i bambini che stanno frequentando i centri estivi diurni organizzati a Recanati e inseriti nel sistema integrato e coordinato delle iniziative dell’Amministrazione Comunale a favore dei minorenni da 0 a 14 anni.

Per ora non sono tantissime le adesioni, nonostante la variegata offerta presente in città, perché le famiglie sono ancora titubanti e prudenti, visto il particolare momento di epidemia da covid-19, e perché i costi non sono per tutti accessibili. Le tariffe, infatti vanno dalle 70 alle 100 euro a settimana con possibilità di sconti per periodi di frequenza più lunghi o per la presenza di fratelli o sorelle. Costi giustificati per la particolare e complessa normativa a cui attenersi contro il covid-19 che impone spese notevoli per la sanificazione di tutti gli ambienti e materiali utilizzati, per la misurazione giornaliera della temperatura e per il numero di educatori necessari: 1 ogni 3 bambini da 0 a 3 anni, 1 ogni 5 per la fascia di età 3-10 anni e 1 ogni 10 per i più grandi. Per ora dal Comune tante promesse e pochi fatti: l’assessore Nicolini ricorda che si è in attesa dei fondi governativi e di conoscere gli eventuali vincoli di spesa. Ma com’è che il Comune quest’anno non ha fondi suoi per queste attività come avveniva nel passato?

Problemi ci sono anche per chi ha un figlio disabile: “Il Comune, assicura ancora la Nicolini, interviene a coprire le spese per l’assistenza personalizzata per tutti. Laddove il gestore non possa contrattualizzare direttamente, lo possono fare le famiglie a cui sarà corrisposta l’intera cifra a rimborso”. Insomma, tutto è a carico della famiglia: la scelta del centro estivo più idoneo per il proprio figlio, la ricerca dell’educatore, la stipula del contratto di lavoro e il pagamento dello stipendio che, comunque, sarà rimborsato per intero dal Comune a consuntivo. Nel passato, poiché sia i centri che la colonia estiva erano gestite direttamente dal Comune, si riusciva ad assicurare sin da subito tale assistenza e, anzi, si garantiva anche che l’educatore fosse lo stesso che seguiva già il bambino a scuola così da mantenere una certa continuità didattica. Oggi, invece, visto che l’organizzazione di queste attività è privata, è difficile assicurare questo anche perché il personale educativo scolastico è dipendente dalla cooperativa Pars che in città gestisce, oltre ad altri servizi, anche l’assistenza educativa sia scolastica che domiciliare per soggetti svantaggiati.

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4 commenti

  1. Eeee,perché non ha fondi suoi?
    Sembra che con il covid e la quarantena obbligata aziende,artigiani,negozi siano stati fatti rimanere chiusi per imperio,è ovvio che se non c’è lavoro automaticamente anche le entrate al comune sono diminuite se poi ci mettiamo lo slittamento della Tari,chi non ha soldi per l’IMU mi dica lei da dove dovrebbero arrivare i soldi!

  2. Dal mese di febbraio con le scuole chiuse hanno risparmiato su autobus, mense, riscaldamenti ecc. Bastava dare in base ai ragazzi iscritti, un contributo ai centri, cosicché questi potevano rendere accessibile a tutti l’iscrizione.

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