Si è fatta notare al Premio Bianca d’Aponte vincendo la categoria “miglior testo”, ed ha conquistato le finali delle Targhe Tenco 2019 come “miglior opera prima”, la cantautrice marchigiana Marta De Lluvia, è reduce dal primo album solista, “Grano”, fortunato esordio che ha convinto a pieno critica e pubblico. Un album intimo e delicato, tra paura e desiderio, lungo la strada tortuosa che porta alla consapevolezza, in cui anche il dolore può arricchire.

E mai come in questo momento – con l’emergenza Coronavirus che sta sconvolgendo l’Italia e il mondo – c’è bisogno di riflettere per disseminare la radice della coscienza e farne qualcosa di buono, proprio come canta Marta in “Gomitoli di Vento”. Solo così potremmo cogliere la naturale bellezza dietro le cose.

“In Belgio, dove vivo adesso, l’isolamento per l’emergenza Covid-19 è iniziata lo scorso 17 marzo – ha fatto sapere Marta De Lluvia – e con misure meno severe rispetto all’Italia. Anche qui i concerti sono stati annullati e si parla del 31 agosto come data per la ripresa degli eventi. In Belgio non c’è un vero e proprio status di artista ma si può beneficiare di un sussidio di disoccupazione per i mesi in cui non si riesce a lavorare. In questo periodo emergenziale il settore culturale però chiede di più. Seguo con interesse e partecipazione il movimento che sta nascendo in Italia per il riconoscimento e la tutela degli artisti, spero che da questo possa nascere qualcosa di nuovo”. 

Marta ci racconta cosa aveva in preparazione prima che la situazione precipitasse: “Stavo lavorando a un progetto live, in trio, chitarra, contrabbasso e violoncello e a uno spettacolo con un collettivo di donne artiste di Bruxelles, In Her Skin. La calma obbligata mi ha riportato a leggere, scrivere e riflettere, tutte cose che nello scorrere “normale” delle cose è fin troppo facile perdere di vista. Nonostante la difficoltà del momento devo ammettere che mi sto godendo la possibilità di fermarmi, ne avevo bisogno”.

“Grano” contiene otto canzoni nate nel corso di un lungo periodo di crescita personale fatto di viaggi in giro per l’Europa; la nona traccia invece, è un canto tradizionale andino, “Ojos azules”. Al disco della cantautrice di Recanati hanno collaborato ottimi musicisti: Stefano Cabrera (violoncello), Tina Omerzo (pianoforte), Pietro Martinelli (contrabbasso) Lorenzo Bergamino (batteria), Maria Pierantoni Giua (voce e chitarra) Edmondo Romano (chalumeau) e Armando Corsi (chitarra). L’album è stato arrangiato e prodotto da Raffaele Abbate per la OrangeHomeRecords (Leivi – Genova).

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