Avvocato Miraglia: «Vittoria amara. Persi tre anni tra psicofarmaci e comunità» . Intervista a Paolo Roat attivista diritti umani

TORINO.  Non tutte le vittorie hanno lo stesso sapore: ci sono vittorie amare, quando si è perso tempo prezioso, quando si potevano evitare delle sofferenze. Come è successo a una coppia di fratelli che vivono nel Torinese, che dopo tre anni trascorsi divisi tra comunità e famiglie affidatarie (uno dei due bombardato pure di psicofarmaci), finalmente il Tribunale per i minorenni ha deciso non luogo a procedere all’adozione   e contestuale  affidamento ai nonni  materni. «Chi ridarà però il tempo e la serenità perduti a questi due bambini?» commenta l’avvocato Miraglia, legale dei nonni.

La situazione familiare da cui provengono questi due ragazzini, che oggi hanno 11 e 4 anni, è alquanto complessa, con molte conflittualità tra i genitori.

Fu la madre nel 2020 a rivolgersi ai Servizi sociali, i quali però, anziché prevedere un programma di aiuto a questa donna e cercare altri parenti che intervenissero nell’accudimento dei bambini, provvidero a redigere una relazione in seguito alla quale non solo si allontanavano i due figli da lei, ma addirittura si avviò la pratica di adottabilità. Senza minimamente pensare di avviare un percorso di sostegno ai genitori né cercare altri parenti – in questo caso i nonni materni – come soluzione meno traumatica al collocamento presso estranei.

Tra l’altro i due bambini sono stati divisi, creando in loro un profondo stato di prostrazione: il più grande è stato ospitato in comunità, il piccolino presso una famiglia affidataria. E come metodo per contenere la sua rabbia e frustrazione, il maggiore dei bambini è stato sottoposto a una pensante cura farmacologica. Fortunatamente i nonni insistettero più volte per avere i bambini collocati presso di sé, affidandosi appunto all’avvocato Miraglia per superare la sorda ostinazione dei Servizi sociali.

«C’è da dire che alla fine, lo scorso ottobre, il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta ha ascoltato le varie parti – prosegue l’avvocato Miraglia – e accolto le nostre istanze, assumendo la decisione di collocare i due minori presso i nonni materni, figure amorevoli che i bambini conoscono bene, ricongiungendoli così alla loro famiglia d’origine e soprattutto riunendoli di nuovo insieme. Però ci sono voluti tre anni di tempo, durante i quali i bambini hanno subito un trauma che difficilmente riusciranno a rimarginare. Il più grande non assume oggi più farmaci, ma glieli hanno somministrati per anni e si è perso davvero troppo tempo. Come al solito i Servizi sociali fanno il bello e il cattivo tempo, frettolosi nell’allontanare i ragazzini dalle famiglie, nell’indifferenza dei Tribunali per i minorenni. Abbiamo dovuto lottare strenuamente per opporci all’adottabilità, altrimenti con altrettanta fretta avrebbero fatto adottare due ragazzini ad altre famiglie, separandoli per sempre dal loro nucleo originario e tra loro. Vado ripetendo ormai da anni che i Tribunali per i minorenni non dovrebbero prendere per oro colato le relazioni spesso approssimative dei Servizi sociali, ma prima di emettere dei provvedimenti drastici dovrebbero avviare un’attenta e scrupolosa valutazione». Fintantoché i controllori e i controllati sono la stessa cosa, purtroppo,  non ci sarà riforma che possa far cambiare le cose e si possa veramente arrivare ad una giustizia minorile compiuta e tutelate.

            Studio Legale Miraglia – Modena

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4 commenti

  1. Questi sono veramente crimini superiori ai delitti.Senza preparazione,privi di logica ma innanzi tutto di umanità.Urgentissimo aggiornare le pratiche e i passaggi dei così detti assistenti sociali.Monitorare personalmente ed assiduamente .

  2. Sono d’accordo con Annamaria e ricordo che la missione dell’assistente sociale è quella di lavorare sul campo…..

  3. anna maria fedeli on

    Questa è una storia amara e vergognosa che finisce bene (relativamente) per l’ostinazione e la capacità dei nonni di tenere testa a istituzioni intoccabili onnipotenti e mai chiamate a rispondere personalmente del loro operato. Ricordiamo una storia finita molto peggio di questa. Antonella Penati era la mamma di Federico Barakat. Padre egiziano, violento, forse instabile o malato di mente chissà. La signora Penati si rivolge ai servizi sociali di Donato Milanese e alla fine anzichè essere difesa, lei e il suo bambino, da questo ex compagno e padre violento viene obbligata a far incontrare il bambino con il padre di cui peraltro entrambi avevano paura. Incontri protetti alla presenza di educatore, assistente sociale etc. Il padre uccide il bimbo a coltellate e poi con arma da fuoco. Educatore e assistente sociale assolti in giudizio. Ma allora cosa ci stavano a fare ? E il giudice minorile che aveva comunque costretto il bimbo a questi incontri non voluti? Quello non è andato nemmeno sotto processo. Se volete leggere tutta la storia andate sul sito http://www.federiconelcuore.com .

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