Sono una donna, mamma e lavoratrice di 43 anni.

Cominciamo dall’inizio della pandemia, quando mi sono presa per la prima volta il covid: stavo malissimo, febbre alta, stanchezza cronica, inappetenza, difficoltà respiratoria e paura, tanta paura di non farcela perché in quel periodo era un bollettino di guerra, si sentivano solo notizie di morti di covid. Avevo il terrore di contagiare i miei figli. Sono stata positiva per 2 mesi. Negli ospedali non c’era posto, erano al collasso, e l’operatrice del 118 mi rispose:

“signora, mi spiace, ma ci chiami quando non respira più”. Quando non respiro più? e come vi chiamo se non respiro?!

Passano due mesi, 4 antibiotici diversi al giorno e finalmente piano piano comincio a stare meglio. Riprendo il mio lavoro che mi obbliga a fare le dosi di vaccino, lo faccio perché fiduciosa nella scienza e che solo questo possa liberarci da questo incubo. Faccio la prima dose con effetti collaterali “normali”: nausea, diarrea, febbre, dolore al braccio, astenia.

Poi arriva il momento della seconda dose, stessi effetti collaterali. Poi arriviamo al “top”, la terza dose, sempre effetti collaterali simili ed io ero tranquilla. Mi sentivo apposto con la coscienza. avevo fatto il mio dovere di cittadina.

Il tempo passa e comincio a sentirmi strana, molto strana. Avevo dolori ovunque, problemi respiratori, problemi gastrointestinali, mi mancavano le forze, facevo fatica a lavorare. Finché un giorno, ad aprile 2022, vengo portata d’ urgenza all’ospedale della mia zona. I medici non credono ai loro occhi, mi dicono che devo essere operata d’urgenza perché rischio l’amputazione del braccio. Mi fanno mille domande, se sono stata punta, se ho preso qualche trauma, se mi sono fatta delle iniezioni…. Io ero senza parole, non capivo, la testa mi girava e in poco tempo mi ritrovo in sala operatoria attorniata da un’equipe medica. Poi il buio.

Mi sveglio dopo non so quante ore di intervento con un dolore lancinante al braccio completamente coperto. Ho tanta paura, chiedo spiegazioni e mi dicono che ho avuto una fascite necrotica e che se solo avessi tardato un giorno avrebbero dovuto amputarmi il braccio (3 dosi in quel braccio).

Passa quasi un mese il mio ricovero, poi mi rioperano perché il braccio andava chiuso: in poche parole ho fatto quasi un mese con braccio e mani sbrindellati. L’intervento è andato bene e mi dimettono, faccio il mio ciclo di fisioterapia e dopo riprendo il lavoro. (Novembre)

A giugno decido di sentire un medico privatamente per capire cosa potesse aver scatenato la necrosi. Faccio esami su esami, il dottore mi visita e mi rivolta come un calzino, visita perfetta. Sapeva i miei sintomi ancora prima che io parlassi e questa cosa mi ha fatto riflettere. Comincio una terapia con lui, mi segue a distanza e mi mette in contatto con altri medici. Il mio stato di salute stava migliorando per poi arrivare a novembre, le gambe mi fanno male, le sento molli e mi sembra di sentire il fuoco dentro. Mi sveglio il lunedì mattina e le gambe non si muovono e sono completamente nere.

Altra chiamata al 118 e corsa in ospedale. Vengo ricoverata e faccio una settimana di fisiologica. Un giorno la situazione precipita, io non rispondo più, non respiro più e vado in coma, mi trasferiscono in terapia intensiva. Fanno tutti gli esami possibili ma niente, non risulta nulla. Sono una donna sana su un letto della terapia intensiva intubata. Dopo qualche giorno mi stubano, fortunatamente respiro da sola. Fanno altri esami, altre domande assurde: se il mio compagno mi avesse picchiata, se le gambe nere me le ero procurate da sola, se facevo uso di sostanze stupefacenti e altre domande folli. Loro erano convinti di questo, che mi avessero pestato.

Appena mi riprendo un po’ firmo ed esco e me ne torno a casa. Rimango sempre in contatto con il famoso medico che chiamo “Angelo custode”.

A casa la situazione non migliora, anzi va via via peggiorando, ho paura di non svegliarmi più la mattina. Il mio angelo custode mi consiglia di recarmi immediatamente in un ospedale molto all’avanguardia. Io non ne sono molto convinta, finché un giorno prendo coraggio e mi faccio accompagnare per il secondo ospedale universitario questa volta nella speranza di avere la mia vita, la mia dignità.

Share.

Radio Erre - La Radio che parla e fa parlare | Società Cooperativa Chiostro S. Agostino, 2 62019 Recanati | MC C.F-P.IVA 00351460431 | Tel: 0717574429 | E-mail: radioerre@radioerre.net | PEC: radioerre@pec.it

10 commenti

  1. Solidarietà e auguri di un completo recupero alla signora Rita.
    Ieri tutti i giornali hanno dato la notizia della morte di una giovane ragazza allergica al lattosio. Un cucchiaino di un dolce.
    Purtroppo alcune persone hanno reazioni devastanti verso certi prodotti.
    Non per questo non dobbiamo mangiare tiramisù.
    Non per questo non ci si deve vaccinare.

  2. Si Si chiacchieroni faciloni…quando succede agli altri è sfiga…può succedere…Se eravate Voi? Al suo posto cosa avreste detto.

  3. Non c’entra nulla il vaccino, smettetela. Se avesse avuto reazione sarebbe stata male subito, o pochi giorni dopo, non settimane o mesi. La signora ha una malattia, grave che non c’entra nulla col vaccino.

Lascia un Commento

Exit mobile version