Questa la frase che mi è venuta in mente leggendo le ultime dichiarazioni di capilista che da alcuni anni condizionano la vita politica locale. Due liste, UPP e PAC che, con perfetta equidistanza, possono determinare la vittoria della sinistra o la possibile perdita della destra. Due liste che, nate per allargare la partecipazione politica all’interno della città, si sono trasformate negli anni in rappresentanze personali che nulla più hanno a che fare con la partecipazione e sempre più sembrano limitate a rappresentare quella forte personalità dei propri titolari, che li porta a dover necessariamente primeggiare, emulando di fatto il modello cui dicono di contrapporsi.

È questo il limite ormai raggiunto dalle due esperienze che, se pur meritevoli all’inizio di aver vivacizzato lo scenario politico locale, oggi costituiscono un vero e proprio blocco al rinnovamento della politica cittadina. Le argomentazioni addotte dai due leader delle componenti civiche, presenti in Consiglio comunale, sono differenti nella forma ma identiche nella sostanza. Lasciano trasparire quella forte volontà di emergere rispetto ad una offerta di parità di ruoli fatta dalle altre componenti di minoranza, presenti anch’esse in Consiglio comunale, cui si associa la richiesta di una costruzione comune, per un percorso politico ancor prima della scelta della squadra, a cui verrà demandata la realizzazione di quanto comunemente elaborato.

Quindi la richiesta di un allargamento della base della piramide dove, con pari dignità ed onestà di intenti, tutti i partecipanti possano fornire il loro contributo di esperienza e conoscenza senza censure né tanto meno pregiudizi. Si tratta di un percorso nuovo ed inesplorato, che porta con sé tutte intere le difficoltà di una convivenza dove certamente tradimenti, defezioni e tante altre miserie umane del passato peseranno e saranno presenti come un macigno. Un macigno che potrà essere rimosso solo se si avrà la capacità di affrontare questo percorso con lo spirito di servizio per la comunità, che è l’unico spirito che dovrebbe guidarci per risollevare le sorti della nostra città, che da troppo tempo vive ingessata da una classe dirigente che si perpetua nel tempo.

C’è bisogno che il nuovo riesca ad entrare e compito di una classe politica illuminata è quello di agevolare l’ingresso del nuovo. Bisogna favorire il ricambio generazionale e bisogna farlo certamente con gradualità ma per tempo. Da parte mia sarò ben lieto di contribuire a questo ingresso, testimoniando così anche il mio totale disinteresse personale in questa vicenda riservandomi, se ancora necessario, il solo ruolo di facilitatore tra le diverse sensibilità che accetteranno di correre questa avventura.

Mi auguro vivamente che questa possa proseguire anche senza la presenza di chi non riesce ancora a capire che oltre al proprio ombelico esiste un orizzonte molto più vasto che è quello della società, che ci chiede di poter crescere e svilupparsi in tranquillità e serenità. L’alternativa alla collaborazione è il tutti contro tutti: ma essere contro tutti, significa esser contro sé stessi ed a queste condizioni le possibilità di rinnovamento ci saranno sempre precluse.

In politica prove muscolari, ultimatum o penultimatum non servono più. Servono sobrietà, capacità, competenze e spirito di servizio. Tutto il resto serve solo a far disaffezionare le persone dalla politica. Il nostro intento è quello di riportare le persone alla POLITICA.

Sauro PIGINI

Porto Recanati 26 aprile 2021

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1 commento

  1. Ario Roncitelli on

    Eh, ormai la bussola si è rotta e si va avanti a vista. Sempre che si abbia occhio vigile e rapido. Ingegnere, al suo posto starei un po’ a guardare, senza lanciarmi in proclami che poi, stringi stringi, sottobanco i soci del momento trasformano magicamente in carta straccia. I “civici” nel 99% dei casi lo sono perchè, ormai navigati della politica, si vergognano dal presentarsi in giro sotto le vecchie bandiere che li hanno portati alla ribalta e in questa maniera pensano di raccattare quel tanto di voti che li fa restare in sella. Null’altro. La competenza? Vive solo nel suo significato burocratico, non certo in quello pratico, operativo.

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