Gabriele Accattoli

Per resilienza si intende la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi, ed in psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Questo termine, molto interessante, ha avuto il suo massimo utilizzo e continuo richiamo da un anno a questa parte, dopo l’esplosione del covid 19, prima, per molti, era poco considerato se non addirittura sconosciuto. Il suo primo utilizzo, in forma subliminale, l’abbiamo incontrato con la famosa frase “…andrà tutto bene….”, da lì in poi sarà richiamato a tutti i livelli istituzionali nazionale ed internazionali, compresi i rappresentati della UE.

Ma siamo sicuri che è proprio così? Siamo veramente sicuri che il richiamo o ricorso alla “resilienza” sia la giusta strada da percorrere?

Secondo lo scrittore e filosofo Fedor Michajlocic Dostoevskij (1821 – 1881), forse non è proprio così, lo stesso scrisse “ …hanno pianto un poco, poi si sono abituati. A tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo….”. Il concetto di resilienza va a scontrare con il concetto di abituarsi alla situazione espresso da Dostoevskij, laddove, si dovrebbe intendere, che l’abituarsi ad un fattore avverso, ad un evento traumatico, secondo il filosofo, senza reagire e senza combattere, è più da vigliacchi che da resistenti.

In senso generale l’abituarsi ad un tipo di vita dove, come scrisse George Orwel, si riduce a “…..all’infuori del lavoro tutto era vietato: camminare per strada, distrarsi, cantare, ballare, riunirsi…..”, non si tratta più di “resilienza”, ma di accettare vigliaccamente di abituarsi a qualcosa.

Resilienza, affrontare e superare un evento traumatico, non abituarsi ed accettare passivamente quell’evento.

Forse in tanti, ripiegando sulla resilienza, si è maturata e focalizzata la volontà di accettare, come fatto dovuto, una situazione avversa causata da un qualcosa di superiore, da un evento naturale, al quale l’uomo non può fare niente, non ha armi per combatterlo, non ha la forza per contrastarlo.

Ma questo è solo nella nostra mente, forse incalzata dalla manipolazione mentale, già trattata in un altro articolo, che ci rende incapaci di ragionare, valutare, analizzare e scegliere con cognizione di causa andando a valutare tutte le parti che vanno a comporre la situazione che ha portato al così detto “evento traumatico”.

La società si è spaccata in due, i convinti ed i negazionisti o complottisti, i pro vaccino ed i no vax, i pro mascherina ed i contro la mascherina, i fautori della chiusura in casa e gli amanti della libertà all’aria aperta; tutti hanno ragione, tutti hanno le loro ragioni, ma nessuno cede al dialogo con la parte opposta, additando la “controparte” come stupida.

Poi c’è una minuscola parte di società, quelli che io chiamo i “realisti”, che si pongono tra le due fazioni: quelli che sono a favore dei vaccini, riconoscendo l’importanza ed il valore di quel presidio medico, ma sono contro un vaccino sperimentale che addirittura si vuole inoculare obbligatoriamente per legge; quelli che accetterebbero la mascherina all’interno, in edifici pubblici, dove si crea assembramento, ma che la rifiutano all’aperto, durante le passeggiate, durante l’attività fisica; quelli che pur riconoscendo la possibile necessità della mascherina non possono capire come sia possibile, e se è sano, costringere bambini a trascorrere ore ed ore, fermi su un banco di scuola, con la mascherina; quelli che dicono di cercare, nel limite del possibile, di non creare assembramenti, ma contemporaneamente riprendere la vita normale con le sue bellezze, prima tra tutte la socializzazione; quelli che non capiscono e comprendono dov’è il pericolo di contagio se si fa una passeggiata in montagna, in riva al mare, o come sia più pericolose cenare in un ristorante piuttosto che pranzare…………..

L’idea di resilienza, l’aver sposato questo termine come oro colato, significa aver perso il senso di sopravvivenza e la volontà di reagire, cedendo all’abituarsi come vigliacchi, senza neppure provare a porsi domande, quesiti, a valutare se quanto l’indottrinamento della manipolazione mediatica possa aver influenzato in tante scelte, portando l’essere umano a credere a prescindere del proprio ragionamento e del proprio libero arbitrio.

Purtroppo a tanti sfugge che, piaccia o no, il ciclo della vita prevede la nascita ed al termine la morte, nessuno, e sottolineo nessuno, è esente da questo; certamente, ritardare il più possibile l’evento finale è un obiettivo per tutti, un piacere che tutti auspicano, ma purtroppo si muore, si muore per tumore, per infarto, per ictus, per incidenti, per vecchiaia, per tante altre malattie e circostanze. Ma non per questo, ad esempio, non si mangia più carne pur sapendo che potrebbe procurare il cancro, e non si vieta; ma non per questo si smette di fumare, pur sapendo che il fumo può provocare il cancro, infarto, ictus, e non si vieta; ma non per questo non si beve più alcol, pur sapendo che potrebbe creare gravi danni al fisico o se in eccesso far provocare incidenti, ma non si vieta; ma non per questo non si usano più sostanze stupefacenti, perché come sapete l’uso non è vietato, al massimo un illecito amministrativo, pur sapendo che può portare alla morte; ma non per questo non si usano più auto, moto, aerei, treni, biciclette, pur sapendo che ogni anno muoiono migliaia di persone per incidenti, ma non si vieta; ma non per questo si smette di fare sport estremi, pur sapendo che si possono verificare incidenti anche mortali, e non si vieta, e tanto altro………..

Detto così potrebbe sembrare esagerato, estremista o qualunquista, ma se ci ragioniamo bene, non è così. Gli apparenti esempi estremi o qualunquisti, stanno ad evidenziare come in tutto e per tutto si cerca e si trova un punto di equilibrio che non infastidisca nessuno e rispetti il volere di ognuno e che ognuno, con il proprio libero arbitrio, da un valore ed un’attenzione alle cose, e non è possibile, a mio sindacabile giudizio, che nel caso attuale del covid, non si possa trovare quell’equilibrio che porterebbe alla società più tranquillità, serenità e libertà di fare delle scelte senza essere additati come untori.

La resilienza potrebbe essere, e magari lo è, una buona e giusta reazione per un “attuale” evento traumatico, per affrontarlo e superarlo, ma dopo oltre un anno, e non si sa per quanto ancora, ricorrere a rifugiarsi dietro la resilienza, è più da vigliacchi, come diceva il filosofo Fedor Michajlocic Dostoevskij, che da saggi.

Accattoli Gabriele

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2 commenti

  1. Complimenti per l’articolo, mi trova pienamente concorde.
    …E poi la citazione al grande Dostoevskij, a cui sono affezionato sin dalla prima giovinezza, la trovo più che pertinente.

  2. ..per fortuna c’è ancora qualcuno che non ha il cervello bruciato dal terrore mediatico, che cerca con curiosità instancabile, anteponendo il dubbio, per arrivare al proprio convincimento. Diceva Oscar Wilde : il paradosso è ciò che di più si avvicina alla realtà, perché essa non è quasi mai come ci appare.

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