Oggi sono i 160 anni dall’Unità d’Italia. “Purtroppo, commenta Marco Buccetti, anima del grutto de “Le ciuette” di Recanati, non possiamo fare il consueto raduno Garibaldino. Quindi affidiamoci al filmato di qualche anno fa.

Tantissimi Auguri ITALIA.

P.S.: Essendo anche San Patrizio, festeggiamo anche bevendo una pinta di buona birra”

 

 

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2 commenti

  1. Sarebbe opportuno che qualcuno spieghi che San Patrizio è il patrono dell’Irlanda, altrimenti messa così sembra che sia la festa degli “‘mbriaconi”.

  2. , 17 MARZO, 160° ANNIVERSARIO DELLA MALFATTA UNITA’ D’ITALIA: MERIDIONALI, FRATELLI DI CHI?

    16.03.2021 Raffaele Vescera IN PRIMO PIANO, Raffaele Vescera 0

    di Raffaele Vescera*

    Tra tutti gli anniversari nazionali il meno credibile è quello di oggi. Ci ricorda l’avvenuta unità d’Italia del 17 marzo 1861. A quale prezzo? Senza scomodare il grande Antonio Gramsci: “Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti.” E ancora: “Il Mezzogiorno era ridotto a un mercato di vendita semicoloniale, a una fonte di risparmio e di imposte ed era tenuto ‘disciplinato’ con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata di ogni movimento di massa con gli eccidi periodici di contadini; … Lo Stato estorce alle regioni meridionali una somma di imposte che non restituisce in alcun modo. Somma che lo Stato usa poi per dare una base al capitalismo settentrionale”.

    E senza citare grandi meridionalisti come Gaetano Salvemini: “Se dall’unità il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata: ha perduto la capitale, ha finito di essere il mercato del Mezzogiorno, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone.”

    E altri, pur liberali e unitaristi, quale Giustino Fortunato: “Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’unità ci ha perduti e come se questo non bastasse è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.”

    E Francesco S. Nitti: “Prima del 1860, tra tutti gli stati italiani, il Regno delle Due Sicilie presentava la più grande solidità finanziaria. Scarso il debito e inferiore di molto a quello degli altri Stati della penisola; esteso e ricchissimo per vastità il demanio patrimoniale; mitissime le imposte e del tutto inesistenti quelle sulla ricchezza mobiliare. In quarant’anni la capitalizzazione era stata larga e vi erano tutti gli elementi per la rinnovazione economica”.

    E senza dire dello stesso mitizzato Garibaldi che in una lettera all’amica Adelaide Cairoli, scrisse: “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male. Nonostante ciò non rifarei la via dell’Italia Meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi là cagionato solo squallore e suscitato solo odio”.

    Non c’è bisogno di ricorrere al giudizio di altri per comprendere quanto è sotto i nostri occhi: i cittadini meridionali, 160 dopo l’Unità, si ritrovano in mutande, con la metà del reddito pro-capite di quelli del Nord, con il triplo di disoccupazione e meno della metà di treni, strade, ospedali, scuole e quant’altro si profonde in abbondanza alle regioni del Nord.

    I numeri parlano da sé. Non regge il pretesto che il Sud sia stato investito da una pioggia di fondi statali derubati dal suo ceto politico. La verità ci dice che la spesa pubblica per un cittadino meridionale è del 40% inferiore che per uno del Nord. In quanto poi a corruzione del ceto politico, chi può superare mai i politici lombardi? 840 miliardi di Euro sottratti al Sud e dirottati al Nord solo negli ultimi 20 anni, come certificato dalla Svimez e Eurispes, e il richiamo ufficiale dell’Unione europea al governo italiano per i mancati investimenti al Sud, parlano da sé.

    In quanto al fatto storico, come dimenticare che il libero Stato delle Due Sicilie è stato invaso da un esercito straniero, quello piemontese, composto da mercenari che parlavano francese, con sentimenti spiccatamente razzisti, che hanno fatto strage di centinaia di migliaia di cittadini colpevoli di opporsi, in armi o anche solo a parole, all’occupazione militare. In nessun caso si può considerare legittima l’invasione militare di un altro Stato. Dicono che il Sud fosse arretrato, e non è vero, non lo era certo più del Piemonte. Dicono che i piemontesi sono stati accolti come liberatori, dimenticando le centinaia di migliaia di insorti, chiamati “briganti” e i 10 anni di guerra “civile”, con stermini di massa, massacri anche di donne e bambini, lager e deportazioni in stile nazismo ante-litteram. Dicono che il regno delle Due Sicilie fosse governato da una monarchia assoluta, certo, ma non peggiore di quelle degli altri stati europei, in molti casi migliore. Quand’anche fosse stata peggiore, in nessun caso si può giustificare “l’esportazione della democrazia” in stile occidentale, ai danni dei Paesi del terzo mondo, occupati, depredati, impoveriti e colonizzati dai paesi ricchi. Dicono che i meridionali hanno votato in un plebiscito un sì unanime all’annessione, dimenticando che votò solo una percentuale irrisoria di benestanti, borghesi delle cosiddette “classi colte”, gli stessi che rubavano le terre demaniali ai contadini alleandosi con i piemontesi che avevano promesso loro libertà di abuso. E dimenticando che si trattò di un plebiscito farsa, con i seggi elettorali militarmente occupati senza possibilità di esprimere un’opinione contraria all’annessione, pena l’arresto.

    Così è stato, se vi pare. Se i settentrionali hanno ben ragione di festeggiare, i meridionali ne hanno ben poca. Lo faranno quando saranno riconosciuti i loro diritti di cittadini, di serie A, pari a quelli del Nord.

    *direttivo nazionale M24A-ET

     

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