Gli eterni si nascondono alla nostra vista ma ci sono. (Emanuele Severino)
Tutto iniziò con la dedica su una foto scritta da Gino De Dominicis “A Pio l’immortale”. L’immagine fissava Pio Monti, lo storico e visionario gallerista marchigiano “maleducato” a Roma (come egli stesso si definiva), in una gara di salto in alto nel momento dell’elevazione sopra l’ostacolo. La sospensione temporale di quel preciso momento rappresenta il superamento di un limite ed espressione di immortalità, concetto che diventò la sua filosofia di vita iniziato in tempi non sospetti quando era rappresentate della Revlon e promuoveva la vendita di Eterna 27, la crema che fermava l’invecchiamento all’inizio del suo processo e cioè a 27 anni.
L’amichevole sodalizio artistico con Gino De Dominicis, artista anch’esso marchigiano, è diventato leggenda. Entrambi elegantissimi, affascinanti, dotati di grande senso dell’umorismo, talvolta spiazzante, diventano mattatori della scena romana degli anni ’70 condividendo esperienze estetiche e non solo. Pio Monti subisce il fascino di questo stravagante e geniale istrione tanto da vendere due appartamenti per acquistare opere come “Lo sbaglio, lo spazio, il tempo” e “Mozzarella in carrozza”. L’aspetto tautologico di quest’ultima opera, una mozzarella “seduta” all’interno di una carrozza ottocentesca, rinnovata ogni giorno dai curatori del museo dove si trova l’opera di volta in volta, è un altro espediente per sospendere il tempo e renderlo eterno. La tautologia, senza tante spiegazioni articolate mostra quello che è istituendo un mondo immobile e perpetuo. Grande fu la delusione di Pio Monti quando nel 2010 nella mostra del MAXXI dedicata all’artista immortale, la mozzarella vera era sostituita con una di plastica: “Così non è più una tautologia, torna a essere una metafora. Doveva essere una vera mozzarella in una vera carrozza, fermi nel tempo” dichiarò in un’intervista.
Sempre dedicato alla fissità del tempo il progetto del 1977 di De Dominicis, protagonista nella galleria romana di via Principessa Clotilde di una mostra che viene ripetuta identica a distanza di un anno esatto nello stesso spazio, a dimostrazione di come l’arte sia capace di sottrarsi al passaggio del tempo. In esposizione una grande pietra, un’asta in bilico, due vasetti che rappresentavano l’ubiquità e una piramide invisibile. Chi aveva visto la prima mostra, tornando e trovando tutto esattamente nella medesima posizione, aveva l’impressione che il tempo si fosse fermato. Un aneddoto racconta che a poche ore dall’inaugurazione De Dominicis si accorse che la maniglia della porta del bagno era cambiata e impedì a Pio Monti di aprire la mostra finché non ne trovava una identica a quella sostituita. Ovviamente, la trovò. Dettagli che fanno la differenza e sono il riflesso della sua grandezza sia come persona sia come gallerista.
La sua ricerca di infinito lo porta a Recanati dove apre IDILL’IO, spazio concepito come omaggio a Leopardi, di cui vi era già un legame con la galleria di Piazza Mattei situata nel palazzo dove il poeta soggiornò durante una sua visita a Roma. IDILL’IO è stato un colpo di fulmine, un innamoramento durato qualche anno dove ho avuto l’onore e la fortuna di collaborare con lui. Con IDILL’IO Pio Monti ha offerto alla città leopardiana l’entrata, per la prima volta, in un circuito d’eccellenza per la produzione e fruizione dell’arte contemporanea.
Durante gli oltre 40 anni di attività ha viaggiato instancabilmente per mari e Monti stringendo collaborazioni e amicizie con iconici personaggi del mondo della cultura e con i più grandi artisti di fama internazionale, senza trascurare i giovani talenti. La mostra del 2015 dal titolo “Il futuro è passato”, per ripercorrere i suoi 40 anni di attività e i numerosi ricatti visivi (così chiamava i suoi progetti), è la sua dichiarazione di vivere il presente per essere immortale come l’arte.
Ieri si sono svolti i suoi funerali nella chiesa del Sacro Cuore di Macerata e credo infatti che il peggior torto che si può fare a Pio Monti sia quello di affermare che “è morto”. Alcuni hanno sperato in un colpo di scena come molti ne ha creati nella sua vita. Così non è stato, ma al termine della funzione non ho potuto non pensare a un’opera molto significativa di Gino De Dominicis, D’IO, che gioca sulla duplicità del significato del titolo per forzare l’umano fino a renderlo divino con una fragorosa e interminabile risata. Ecco dunque P’IO “cattolico e apostolico” (altra definizione di sé) insieme a Gino, entrambi destinati ad una paradisiaca invisibilità, qualcosa di più grande della morte perché loro eterni sono nati.
-Nikla Cingolani
In copertina Pio Monti nella galleria IDILL’IO durante la mostra in occasione della presentazione del film “Il Giovane Favoloso” di Mario Martone, 12 ottobre 2014, Recanati, Foto ©Paolo Farina
1 commento
Grazie Nikla, il quadro che hai fatto di Pio lo ritrae nella sua completezza. Un omaggio che condivido con tutto il cuore e