Per molti scrivere poesie è una necessità dettata dal bisogno interiore di esprimersi e dall’urgenza impellente di liberare pensieri sepolti, mettendo in gioco se stessi e rivelare il proprio essere in rapporto con il mondo. Per Laura Bocci scrivere poesie non è solo l’incontenibile volontà di esprimere un concetto degno di essere ricordato. A muovere la penna della poetessa recanatese è soprattutto il suo amore per la poesia, un’ “attrazione fatale” trasformata con il tempo in passione e desiderio sempre acceso; una relazione che Laura alimenta ogni giorno fin da quando, adolescente, scopre Arthur Rimbaud, uno dei più affascinanti e controversi poeti che tuttora esercita un fascino irresistibile sulle nuove generazioni di giovani artisti per il suo stile intraprendente e fuori da ogni schema. Leggere i suoi versi in lingua originale le consente di assorbire appieno ogni accezione, sfumatura e musicalità. Da questa lettura nascono le sue prime poesie e, di fatto, la dimostrazione di come una ragazzina di quattordici anni abbia “saputo leggere” i versi del poeta maledetto, penetrando nel tessuto emozionale e varcare quell’oltre alla ricerca di una libertà incondizionata. Chiude i suoi scritti in un cassetto e, tra questi, una poesia dedicata a Pier Paolo Pasolini scritta appena saputo della tragica morte. Segno di una sensibilità e impressionante maturità per una giovane della sua età, capace di rendere trasparente un dramma e restituirlo in parole.
Nel frattempo si dedica al teatro, altra sua passione, tanto da fondare negli anni ‘70 il gruppo teatrale recanatese ARAT per poi entrare nella Compagnia Amatoriale de “La Rancia”. Ma la voce della poesia chiama, si fa sentire più forte che mai. Per un breve periodo presenta a Radioerre una rubrica di poesia e si dedicherà a tempo pieno alla scrittura e alla scuola. Prima di approdare nella scuola media “Badaloni” di Recanati insegna in diverse città e persino nel carcere maschile di Siena. Sarà un’ esperienza importante e autentica, delicata allo stesso tempo, dove con le sue lezioni i detenuti hanno potuto percepire momenti di libertà.
Grazie all’incoraggiamento dell’avvocata Anna Maria Ragaini, sua amica, pubblica la prima silloge dal titolo Carpe Vitam con la casa editrice Controvento. Una volta aperto il cassetto in cui erano rinchiuse le poesie e le sue riflessioni, non l’ha più richiuso ed è stato un susseguirsi di pubblicazioni fino all’ultima produzione, in attesa di stampa, dal titolo “Di viole e altri pensieri”.
Insegnante di francese, ora in pensione, ha potuto coltivare la lingua e utilizzarla nei suoi testi in astuti giochi di parole e abbinamenti assurdi, che funzionano come fatti linguistici soggetti a sorprendenti metamorfosi, in cui il significato si perde nella pura astrazione della creazione. Così nella poesia come nella musica, le parole diventano note di uno spartito che in pochissimi sapranno decodificare, ma l’importante è l’ascolto e perdersi nel mistero del suo mondo.
-Nikla Cingolani
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