In politica i primi cento giorni di un nuovo esecutivo di governo hanno sempre rappresentato, ed ancora rappresentano, il momento simbolo per indicare la priorità dei principali provvedimenti che si intendono portare avanti. In sostanza si tratta di tradurre le idee di un programma elettorale in proposte di lavoro concrete in modo da innestare quel percorso virtuoso di confronto con la cittadinanza, ancor prima che con i propri elettori, e poi ancora con le forze di opposizioni. La dialettica politica, soprattutto nelle piccole comunità, non può ridursi alla ripetizione all’infinito, o nel caso di specie per oltre centoventitrè giorni di proclami sul cosa farò da grande. C’è necessità di un confronto su cose concrete che non possono essere sostituite da dichiarazioni fotocopie in cui, nel giorno settimanale loro assegnato, il sindaco ed i suoi colleghi di giunta ripetono gli stessi intenti futuri.
Sembra di assistere ad un gioco nel quale, a fronte della pochezza delle notizie, ognuno ha necessità di conquistarsi il ruolo di protagonista del minimo sindacale che si ritiene di aver fatto. Certo il non essere riusciti a presentare il bilancio preventivo entro il 31 dicembre ed essere costretti ad utilizzare solo i dodicesimi delle disponibilità previste nel precedente bilancio, penalizza fortemente la possibilità di poter rispondere, con pari vigore, all’iper attivismo, ante consultazione elettorale, della precedente amministrazione. Un super attivismo che, però, non ha evitato a quelle vecchie volpi della politica di finire in pellicceria.
Per supplire a questo obiettivo vincolo procedurale, che indubbiamente limita la capacità operativa di qualunque amministrazione, forse sarebbe stato opportuno fornire alla città, in attesa della piena disponibilità finanziaria, un quadro più particolareggiato su quanto, nei residui 1703 giorni, questa amministrazione vorrà fare. Un quadro dove innanzi tutto vengano esposti sia gli obiettivi da raggiungere che le risorse ed i tempi necessari al raggiungimento di questi obiettivi.
Esporre una programmazione, forse mai esistita in questa città, che giustifichi e sequenzi tutti quegli interventi strutturali necessari per risollevare realmente il declino della città. L’arredo urbano della città non si migliora eliminando il cactus di piazza Carradori e dotandola di giochi per i bambini. L’arredo urbano migliora se esperti del settore studiano e propongono un arredo urbano in linea con una città turistica dalle caratteristiche particolari e complesse come Porto Recanati. La viabilità migliora se qualcuno, che di impatto sulla viabilità e sul traffico se ne intende, propone qualcosa di sensato e non se si spara la proposta di rendere corso Matteotti isola pedonale permanente, solo per problemi di visibilità personale. Quel gran pasticcio della ZTL 2018 dovrebbe essere sempre ben presente.
Questo è parte di quanto dopo 123 giorni una Amministrazione operosa, e non soltanto ciarliera, avrebbe potuto dire alla città. Proprio in queste ore invece assistiamo al fallimento di una operazione attesa da tutti e che avrebbe potuto alleviare non pochi disagi a molti cittadini e che riguarda il campo della sanità. Sanità per la quale, pur essendo delegata ad un valente professionista, non è nota né la cornice entro la quale intende muoversi l’Amministrazione, né tanto meno quali risorse vuole o potrà investire. Piccole riflessioni che mettono in luce di come sia ancora sconosciuta la strategia per arrivare ad una nuova stagione dove ci sia spazio anche per una informazione che non sia solo la continuazione della propaganda elettorale.
Gioacchino Di Martino
Porto Recanati 15 gennaio 2022
2 commenti
Quando ci sin affida a dilettanti di ogni misura e provenienza, quando si punta solo a “far fuori” gli avversari, quando non si presenta un minimo di proposte correttive dell’assetto paesano, allora i risultati sono questi, c’è poco da recriminare. Ma magari non sara per cinque anni. SI prepari, illustre…
Ario, cercano di ricalcare le orme di chi li ha preceduti. Hanno vinto, li hanno fregati con le loro stesse armi. Le bugie. Ora i perdenti piangono, strillano, accusano, minacciano. Nisba! Ade’ tocca a no’. Per questi 5 anni, e per i successivi 5. Fattene una ragione.