Ma siamo proprio sicuro che quello che oggi chiamiamo “orto dell’infinito” sia proprio la spazio dove amava passeggiare il giovane Leopardi e che gli ispirò la sua celebre lirica? A metter una pulce all’orecchio è stato questa mattina Sergio Beccacece, direttore del corso di storia locale all’Università permanente di Recanati e amante del poeta recanatese, per il quale si tratta di un conformismo letterario pensare di aver individuato il luogo calpestato dal poeta.
“Ma dove l’avete letto? Dice Beccacece. Noi, innanzitutto, non abbiamo documentazione che Leopardi fosse stato davvero ispirato da quel luogo, tanto più che era sua profonda convinzione, come ebbe a scrivere nello Zibaldone, che gli orti fossero, semmai, luoghi di patimento e di sofferenza”. Molto probabilmente il punto in cui lui si fermava, per contemplare il panorama, era la fine dello stradello che oggi costeggia il sacello leopardiano.
Quindi il Colle dell’Infinito non va identificato né dove, sulla sommità del monte Tabor, compare incisa la scritta dell’incipit della poesia, né nell’orto delle suore. Tanto più che, ci ricorda Beccacece, il convento venne chiuso nel periodo napoleonico, nel 1810, quando Leopardi aveva 12 anni, e sino al 1851, quando ritornarono a viverci le religiose, era in uno stato di desolazione. Un luogo formato da alberi, stradelli e da mucchi di sassi, così lo descriveva Leopardi nel 1819 nei suoi appunti ristampati dal Flora col titolo di “Ricordi d’infanzia e di adolescenza”.
Altro che il moderno orto, ricco di essenze vegetali e di prodotti della natura come oggi si presenta allo sguardo del turista. Insomma, Beccacece invita a ristabilire un po’ di verità storica.
23 commenti
A me risulta invece che è proprio sulla sommità dell’orto che Leopardi andava. Dalla sua casa, passando dal giardino di ponente accedeva molto facilmente all’orto non essendoci porte o cancelli , in quanto questo era quasi abbandonato ed è pur vero che avendo la famiglia leopardi regalato questo pezzo di terreno sul quale si costruì il convento, lo sentiva suo. E’ vero che l’orto non si presentava certo com’è ora, essendo incolto immagino le erbacce e tutto il resto ma sicuro è che lo “strdello” che percorreva è quello.
Signora Maria, come fa ad avere tanta certezza e su quali documenti ha letto quello che afferma?
Quando abbiamo fatto le elementari (circa 50/60 anni fa) la maestra ci insegnava che Giacomo arrivava sulla sommità del Colle costeggiando lo stretto viottolo su cui si erge il muro di sostegno dell’orto delle monache e che partiva da dietro la casa di Celè, a fianco del Centro Studi.
All’improvviso si è cominciato a parlare dell’orto delle monache di Santo Stefano.
Chi ha fatto questa scoperta e da dove, soprattutto, è stata tratta questa nuova interpretazione che ha permesso al FAI di appropriarsene?
Giuseppe, ma se alla signora risulta che Leopardi andava proprio li, lei ci deve credere!!!
Signor Giuseppe, dopo le elementari sono andata oltre. La mia sicurezza nasce dalla lettura di vari libri e dalle parole della contessa Anna.
La Contessa purtroppo non potrà confermare, ci dica almeno quali sono i libri!
Comunque da come si esprime…dopo le elementari oltre, è chiaro che frequento’ anche l avviamento!
Marì lascia perde!
A lavà la testa agli asini si perde tempo e denaro!
Non mettiamo i puntini nelle i e le stanghette nelle t a chi ci tiene ad aver in se l’attenzione!
Io,noi come te ci atteniamo a ciò che diceva Anna!
Attenetevi, con tre stanghette e un puntino.
Anna chi?
Sergio Beccacece o Sergio Leopardi? Da come parla ne sa più lui che il diavolo!
Forse era da chiederlo a Pasqualina de Porto Potenza!
Ahahahahahahahahahahah!!
Chissà quanti stradelli c’erano … o sotto o sopra penso che cambi poco
Il FAI ha fatto diventare l’orto delle monache ciò che non è mai stato.
Io sono stata in quel collegio quando le suore gestivano la Scuola di Economia Domestica ed era frequentato da signorine di buona famiglia provenienti da tutta Italia.
Ho rivisto l’orto/giardino dopo molti anni, quando c’erano le ultime suore, e non mi era sembrato molto cambiato rispetto a come lo ricordavo.
Sono ritornata occasionalmente dopo l’apertura post Covid ed ho trovato una cosa che non ha niente a che vedere con l’orto che anch’io ho vissuto nella mia adolescenza.
Penso che il Signor Beccacece abbia ragione ad avere dubbi e perplessità sia sull’orto che sulla sua frequentazione da parte di Giacomo Leopradi
O Sergio,hai amministrato questo comune per anni anche da assessore e quella zona fino all’avvento della giunta Fiordomo era un GRASCIARO!
Ora che si è ristabilito un po di decoro ecco la polemica,ma lei quando amministrava non passeggiava per la città?
Non ha mai notato in che stato era quell’area molto importante per la Città?
Riteniamoci fortunati di avere in Italia il FAI che con serietà e competenza gestiscono i nostri tesori che in mano agli amministratori locali si degraderebbero in monnezza!
Lei ha perso un’altra occasione per star zitto!
Prima dell’avvento della giunta Fiordomo non era affatto un GRASCIARO!
Pura personale opinione non dimostrabile!
Proprio perché la tua opinione non è dimostrabile ti dico che l’ultimo intervento al colle venne fatto dalla giunta Ottaviani fine anni ’90.
Di lì sono passati dieci anni di giunta Corvatta e quell’area è rimasta immobile con una vegetazione che ha preso sopravvento ed il simbolo di quel degrado era quella ginestra rinsecchita sita nella curva del pincio.
Il dottore è il solito bastian contrario
E la storia della vendita del convento delle clarisse a Castelnuovo è stata proprio un affare x ircer……
E ci ha riempiti di debiti insieme ai derivati
A scuola negli anni ’50 scrissi per gioco “Sempre caro mi fu quest’ermo colle, dove Carletta (all’epoca contadini dei Leopardi a San Leopardo, il cui figlio era in classe con noi) , ci piantava le cipolle; la madre una a una l’estirpava, il figlio tutte quante le magnava”.
Fai piagne oggi come ieri. Saranno le cipolle.
Il Dottor Sergio Beccacece temo che abbia proprio ragione a sollevare i suoi dubbi sulla veridicità, i fatti andrebbero dimostrati con i documenti storici alla mano senza i quali altrimenti solo leggende metropolitane, meglio stare zitti se non si può dimostrare nulla.
Capito Maria Magi?
Ma il dottore cos’ha in mano per dimostrare la sua tesi?
…Il pensiero di un comune mortale Franco Foschi che forse per il fatto che è stato sindaco e ministro sa più cose degli altri?
Ma su su lasciamo perdere questi battibecco da zitelle e rmasti!