Pubblichiamo con molto piacere un articolo dell’economista Gioacchino Garofoli, recanatese, docente dell’Università dell’Insubria, sulle questioni economiche e le priorità nel dopo Covid e l’intervista che ha rilasciato a radio Erre.
“Per riflettere sulle prospettive dell’economia e della società italiana dopo il covid -19 è opportuno ragionare in termini strutturali e complessivi, evitando di farci condizionare dalle scelte contingenti e dalle scadenze delle agende politiche.
Può essere utile riflettere sulle questioni in gioco, sulle quali è necessario avere consapevolezza da parte dei cittadini, ma anche da parte dei decisori pubblici e delle forze sociali.
Le questioni sono almeno cinque. La prima riguarda gli scenari evolutivi possibili e auspicabili dell’economia e della società italiana ed europea che non potranno riorganizzarsi come erano prima. Questa crisi ci ha insegnato che la sicurezza del sistema medico-sanitario, la sicurezza alimentare, l’autonomia energetica, la sicurezza dell’ambiente e del territorio, l’educazione e la cura dei cittadini, la crescente attenzione alla sostenibilità di lungo periodo assumeranno una rilevanza talmente alta nella percezione del cittadino che non saranno più eludibili. Ciò richiederà una visione dell’economia più orientata al benessere collettivo. Avremo una profonda ristrutturazione del sistema economico nazionale ed europeo per garantire il soddisfacimento dei bisogni essenziali dei cittadini; la produzione di beni e servizi non sarà esclusivamente trascinata dalla ricerca ossessiva della competitività. Sarà, dunque, necessaria una politica industriale e di sviluppo che garantisca la coerenza tra struttura della domanda e struttura dell’offerta a livello nazionale ed europeo.
La seconda questione riguarda il bilanciamento tra le misure urgenti di breve periodo (la Cassa Integrazione, i bonus per gli autonomi, la liquidità alle imprese, la soddisfazione dei bisogni essenziali dei cittadini in difficoltà) con la gestione di un piano di ricostruzione e riconversione che implica un raccordo tra le spese correnti da avviare subito e le spese per investimenti necessarie per garantire la costruzione di un futuro coerente e accettabile.
La terza questione riguarda la ripartizione delle risorse ma soprattutto delle responsabilità nel realizzare gli interventi economici tra i vari livelli di governo e che saranno, ovviamente diverse nelle varie fasi del “recovery plan” (nel primo periodo dovrà essere più elevata, rispetto alle fasi successive, la quota di risorse per i Comuni e le province). Ciò implica una rilevante capacità di attenzione non solo alla gestione di progetti ma anche alla capacità di negoziare e interloquire lunga la filiera istituzionale per rendere coerenti le scelte di politica economica e sociale.
La quarta questione riguarda la scelta tra i vari tipi di intervento, gli strumenti da utilizzare, il metodo di coordinamento e programmazione (settoriale, territoriale, …), la priorità tra gli obiettivi definiti e condivisi e quindi degli interventi e degli investimenti da avviare.
C’è, infine, il tema delle scelte europee per il finanziamento della gran parte delle spese da effettuare, oltre che delle modalità di garanzia dei flussi finanziari che consentiranno il recovery. Le aperture recenti (specie nell’ultimo Consiglio Europeo) consentono un certo grado di ottimismo ma bisogna saper lavorare bene per negoziare e per costruire alleanze strategiche.
L’attenta capacità di gestione complessiva di questi temi e dei diversi piani di coordinamento e intervento, con modalità semplici e con estrema rapidità saranno condizioni necessarie per una ripresa e una ricostruzione efficace. Impegno e dedizione, oltre che professionalità, saranno fondamentali: le nostre istituzioni dovranno utilizzare le competenze esistenti e valorizzarle per perseguire obiettivi comuni. Non è più il tempo di twitter né di dichiarazioni roboanti …
Gioacchino Garofoli
1 commento
Anche io sono convinto che se si vuole uscire da questa fase drammatica,che nasce in larga parte da premesse abbastanza chiare,con un equilibrio socialmente accettabile,è indispensabile rivalutare non solo a livello interno ma ormai europeo la politica economica della programmazione democratica,a suo tempo in parte praticata in Italia ed abbandonata in modo inspiegabile con l’affermazione di un dissennato liberismo economico.