“Una storia semplice”, avevo aperto e chiuso il precedente articolo con questa frase, come avevo detto non buttata là a caso. “Una storia semplice” è il titolo di un film del 1991, diretto dal regista Emidio Greco, tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia; nel cast Gian Maria Volonté, Massimo Dapporto, Ennio Fantastichini, Riky Tognazzi, Massimo Ghini, Tony Sperandeo e Gianluca Favilla.
Avevo avuto il piacere di vedere questo film diverso tempo fa, poi, ricordando la trama ed i contenuti molto vicini ai temi che volevo trattare con questi ultimi articoli, me lo sono andato a rivedere, avendo la conferma che, come si dice, è stato come la “ciliegina sulla torta”.
Tre sono gli aspetti che più di tutto mi hanno convinto che la trama poteva essere inserita nella trattazione del titolo che ho dato a questo articolo: l’iniziale superficialità nel trattare il caso di rinvenimento di cadavere, etichettandolo come “è una storia semplice, si tratta di suicidio”; la collusione delle istituzioni con la mafia; l’opportunità finale, suggerita dal Procuratore della Repubblica di presentare il tutto come incidente……….
È un romanzo, una storia di fantasia, e come avevo detto nel precedente articolo, a pensar male si fa peccato………. però……
Quello che mi interessa evidenziare del film, che comunque invito agli amanti dell’argomento di andare a vedere, è l’approccio iniziale della Polizia, nella persona del Questore, nella trattazione del rinvenimento del cadavere. Il Brigadiere Lepre, interpretato da Riky Tognazzi scopre il cadavere ed ha da subito dei dubbi sul fatto criminoso, dice che sembra un suicidio, però, la mano sta appoggiata sul tavolo, la pistola sul pavimento, quindi, per logica meccanica, la mano dovrebbe essere a penzoloni verso la pistola. Poi arriva il Questore, l’operatore della Polizia Scientifica gli mostra la pistola repertata e lo stesso dispone la ricerca delle impronte per confrontarle con quelle del cadavere; dopo ciò, si rivolge al Colonnello dei Carabinieri e dice “lavoro inutile, ma si deve fare…” il Colonnello, un po’ meravigliato gli chiede perché inutile, ed il questore risponde “…suicidio! …..suicidio, caso evidente di suicidio…..questo è un caso semplice”.
Il resto è tutto da vedere, non rovino la visione, per chi vorrà vederlo, anticipando il finale, aggiungo solo, tanto era sottointeso, che non si trattava di suicidio.
Non voglio ipotizzare che le storie, questa volta di cronaca vera, che di seguito andrò a trattare possano essere equiparate al romanzo di Leonardo Sciascia, però, in tutta sincerità qualche dubbio sarebbe interessante valutarlo.
Nella lunga serie di suicidi strani, sospetti, che avevo presentato nell’articolo precedente, tre sono collegati alla stessa vicenda, una storia di soldi, bugie, depistaggi e morte, la maxi tangente Enimont e l’inizio del processo denominato tangentopoli o mani pulite. Mi riferisco al “rinvenimento dei cadaveri” di Raul Gardini, Sergio Castellari e Gabriele Cagliari.
Il primo della serie è stato quello di Raul Gardini, avvenuto il 23 luglio del 1993, poi quello di Sergio Castellari, il 18 febbraio del 1995, ed infine Gabriele Cagliari, il 20 luglio 1995.
Oggi iniziamo con il caso Castellari; Ex Commissario di Polizia, poi direttore generale degli Affari Economici del Ministero delle Partecipazioni Statali quando era Ministro Giulio Andreotti; consulente Eni e coinvolto nella maxi tangente “Enimont”, aveva 61 anni e per l’inchiesta che ho annunciato, stava per essere arrestato, o quanto meno lui pensava.
La scomparsa di Castellari avviene il 18 febbraio, denunciata dal figlio; solo dopo diversi giorni, il 25 febbraio successivo, a seguito di un’imponente operazione delle Forze dell’Ordine, un elicottero della Polizia di Stato avvista su un campo agricolo, tra Monte Cordino e Sacrofano (Roma), il cadavere di un uomo, che sarà poi identificato in Sergio Castellari.
Ometto di dettagliare la ricostruzione delle indagini che hanno coinvolto il Castellari e dei giorni antecedenti la scomparsa, mi limito solo ai passaggi più interessanti: il 15 febbraio 1993 la Guardia di Finanza effettua una perquisizione nella sua abitazione, vengono sequestrati dei documenti e gli viene contestato il reato di “violazione della custodia delle pubbliche cose”, ovvero la detenzione in casa di documenti che dovevano essere conservati in ufficio. La difesa del Castellari evidenzia che si tratta di fotocopie e lo stesso è abituato a tenerle sottomano perché possono servire, ma il PM non crede alla discolpa proposta dalla difesa e dispone l’arresto. Dall’indagine emerge, tra l’altro, il coinvolgimento del Castellari nella maxi tangente Enimont, lo stesso si proclama estraneo ai fatti, rilascia spontanee dichiarazioni al Pubblico Ministero e si riserva di proporre un “memorandum”. Trascorrono due anni da quell’episodio, la vicenda maxi tangente Enimont e mani pulite va avanti e nel frattempo il Castellari era stato messo in libertà. La notte prima della scomparsa il Castellari trascorre la notte a casa di un amico perché aveva avuto informazioni che il PM stava per procedere ad un nuovo arresto e non voleva stare nella propria abitazione; secondo l’amico era preoccupato, l’indomani doveva andare con il legale di fiducia, alle ore 15.30 dal PM, Sostituto Procuratore, dott. Savi per essere interrogato. La mattina del 18 febbraio aveva due appuntamenti, uno con una persona a tutt’oggi sconosciuta, l’altro con l’Onorevole Giulio Andreotti, per avere, a suo dire, dei consigli sulla vicenda molto complessa; non è chiaro se abbia incontrato L’Onorevole Andreotti, invece, delle fonti testimoniali riferiscono che nella mattinata del 18 febbraio il Castellari si sarebbe incontrato con una persona sconosciuta a P.le Clodio di Roma. Torna a casa dell’amico, lo saluta e parte per Sacrofano, dove aveva una casa; va a pranzo in un ristorante di Formello (Roma), dove fonti testimoniali hanno riferito che ha scritto diverse lettere; alle ore 13.00 si doveva incontrare con il suo legale, ma Castellari non si presenta, il legale doveva informarlo che il Giudice per le Indagini Preliminari aveva rigettato la richiesta di arresto, ma lui non saprà mai di questa cosa. Successivamente si reca a casa di un altro amico per consegnare le copie delle lettere, con l’indicazione di recapitarle a suo figlio Giovanni dopo le ore 19.00; verso le ore 17.00 circa, fonti testimoniali avrebbero visto il Castellari inoltrarsi con la sua autovettura in una zona boschiva di Sacrofano.
Il Castellari non si trova più, è scomparso, le lettere inviate ai familiari, consegnate come da lui disposto, in effetti, hanno un tono “suicida”, parlano del dolore che darà la sua scelta, ma nello stesso tempo della dignità che vuole difendere.
Le ricerche delle Forze dell’Ordine si erano concentrate in quella zona anche perché il nipote del Castellari aveva rinvenuto la macchina dello zio ai margini di una strada nei pressi di una zona boschiva di Sacrofano; all’interno dell’autovettura un biglietto: “non desidero che nessuno tranne me ed i miei familiari sia presente al funerale, voglio essere tumulato a Sacrofano”.
Sul biglietto, secondo me, nascono i primi dubbi interpretativi, sicuramente sono bazzecole rispetto a quello che più avanti andrò a presentare, la mia attenzione è caduta su due passaggi ben precisi: il “non desidero…” è una strana affermazione che non esprime se c’è o non c’è il desiderio, sarebbe stato ovvio “….desidero che…”; il secondo, una persona spaventata, impaurita, turbata e stravolta che sta per togliersi la vita si esprime con del presunto sarcasmo ed ironia, “ ….tranne me ed i mie familiari sia presente al mio funerale….”. Visto che aveva già scritto delle lettere ai familiari, spiegando verosimilmente il suo gesto, le indicazioni contenute nel biglietto, potevano essere lì inserite. Sembra pertanto un doppione, senza senso, il biglietto rinvenuto nell’auto.
Prima di continuare un piccolo passo avanti, pochi anni dopo la morte del Castellari, il Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Savi, ed altri, saranno inquisiti per “concorso in corruzione in atti giudiziari” per le attività svolte in seno all’indagine Enimont e Castellari.
Ma arriviamo al dunque, la scena del crimine del rinvenimento del cadavere di Castellari; il corpo giace supino, disteso sulla schiena, ha le gambe distese e leggermente divaricate, il braccio sinistro piegato ed appoggiato sul petto, quello destro disteso ed accostato al corpo, poggia a terra. Sulla scena del crimine si rinvengono i seguenti oggetti: tra le gambe si rinviene un mozzicone di sigaro; appoggiata a terra, vicino al fianco sinistro del cadavere una bottiglia di whiskey con circa metà del suo contenuto; un revolver Smith & Wesson calibro 38, canna da due pollici, appoggiato all’all’altezza del ventre, con la canna parzialmente inserita sotto la cintura dei pantaloni.
Il cadavere presenta sul cranio due fori senza soluzione di continuità, uno piccolo sulla regione temporale destra del cranio, presumibile foro d’ingresso, ed un altro nella parte posteriore del cranio, a pochi centimetri dall’orecchio, presumibile foro d’uscita.
Gli elementi che secondo me, e non solo, vanno ad evidenziare dubbi sulla chiusura della pratica per suicidio, in riferimento alla scena del crimine, sono diversi, forse troppi, di seguito li andrò ad analizzare.
Sul mozzicone di sigaro sono stati isolati due diversi DNA, uno del Castellari, l’altro di una persona di sesso femminile; la risposta investigativa ha accolto questa cosa come una “semplice” contaminazione che potrebbe essere avvenuta, verosimilmente, in fase di confezionamento del sigaro, quindi ritenuto elemento non di interesse investigativo.
Sulla bottiglia di whiskey non sono state rinvenute impronte digitali, neppure quelle del Castellari; la risposta investigativa è stata data presumendo che qualcuno, prima della Polizia, ha rinvenuto il cadavere, involontariamente o senza dare peso alla cosa abbia toccato la bottiglia, poi, rendendosi conto di aver commesso un errore, ha ripulito la stessa da tutte le impronte, certamente è strano che qualcuno trovi il cadavere e non informi le Forze di Polizia…..
Il revolver presenta due strane questioni, oltre a quella della posizione del rinvenimento, la prima che si rinviene con il cane “armato”, la seconda che dal tamburo da cinque colpi manca una cartuccia. Il cane armato per un revolver è una questione particolare, dopo lo sparo e l’abbattimento del cane, lo stesso rimane abbattuto, non avviene come per una pistola semiautomatica che il cane si riarmi automaticamente, quindi, sul revolver rinvenuto con il cane in quella posizione è ovvia l’azione meccanica dell’uomo; per la cartuccia mancante, si deve osservare che nel tamburo sono presenti tracce e segni di una cartuccia inserita e poi estratta. La risposta investigativa, pure in questo caso, ha trovato una delineazione, ovvero, il Castellari dopo aver esploso il colpo, come ultimo spasmo muscolare, ha riarmato il cane con il pollice andando ad appoggiare il revolver lì dove rinvenuto; in merito alla cartuccia mancante, semplicemente non era stato caricato il quinto colpo nel tamburo.
Al di là della valutazione del quinto colpo, per il quale, comunque, secondo esperti balistici il tamburo, così come rinvenuta l’arma, non era compatibile nella posizione di rinvenimento, come se di proposito sia stato aperto, estratto un bossolo di cartuccia esplosa e poi richiuso, senza tener conto del verso di rotazione meccanica dello stesso; ma la cosa più interessante riguarda il cane armato, secondo l’esame autoptico, la lesione celebrale provocata dal proiettile che ha attraversato il cervello, ha provocato un’immediata paralizzazione del corpo, da ciò sembra sia inconciliabile pensare alla possibilità di riarmare il cane e di appoggiare il revolver lì dove è stato rinvenuto.
Altro elemento interessante è come si sia rinvenuto il braccio destro, quello che ha esploso il colpo; sempre in merito all’analisi dell’esame autoptico, la posizione del braccio, disteso lungo il corpo, non sembra essere compatibile con l’immediata paralizzazione, ovvero il braccio, magari anche sfruttando l’azione meccanica del “rinculo” dell’arma dopo l’esplosione, ed un calibro 38 non scherza in potenza di rinculo, si sarebbe dovuto rinvenire “abdotto”, ovvero allontanato dal corpo e l’arma, o nelle immediate vicinanze del cranio o leggermente proiettata con la rotazione meccanica dell’arto a seguito del “rinculo”.
Un ulteriore elemento d’interesse, sono i residui dello sparo e le impronte digitali eventualmente presenti sull’arma; dalle ricerche che ho eseguito per scrivere questo articolo e studiarmi il caso, non ho trovato nessun cenno su eventuale guanto di paraffina, altra forma di ricerca dei residui dello sparo, ed indagine dattiloscopica per la ricerca delle impronte sull’arma. Non voglio dire che non siano state effettuate e, tantomeno, parlare del loro esito, ma il fatto di non aver trovato traccia di questi esami criminalistici, lascia qualche ulteriore dubbio……
Desidero fare una puntualizzazione, per non essere frainteso, come ho già detto in altri articoli dove ho trattato casi di cronaca, non è semplice fare un’analisi senza ver partecipato alle indagini, senza aver preso visione degli atti di Polizia Giudiziaria, basandosi solo sulla ricostruzione giornalistica e di trasmissioni TV, quindi, magari, tutti gli elementi “strani” che io ho osservato, avranno avuto delle risposte concrete, però, tengo ulteriormente a precisare che le risposte interpretative, se non riscontrate da prove concrete, date queste da attività criminalistica, lasciano sempre il tempo che trovano e comunque spazio ad interpretazioni.
Le interpretazioni miste a valutazioni, poi, sono alimentate quando ci sono di mezzo questioni molto pesanti, questioni di politica mista ad economia, il Castellari, ad esempio, oltre al presunto coinvolgimento nella maxi tangente Enimont, sembra fosse coinvolto in presunti traffici di armi con l’Iran e L’Iraq, nonché in tangenti destinate a partiti politici per una fornitura di elicotteri Augusta al Belgio, inchiesta che, tra l’altro, ha portato alla morte un Ministro ed un Generale Belga. Il fatto che il Castellari fosse un testimone scomodo, piaccia o no, è un dato di fatto, alimentato oltre che dalle questioni che ho citato, anche da tentativi di depistaggi vari, il più clamoroso, un articolo di giornale de “Il Messaggero” riguardante un documento del S.I.S.De (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), dove si parlava di un complotto politico-finanziario che coinvolgeva Democrazia Cristiana, Partito Comunista e Partito Socialista Italiano, documento poi verificatosi un falso clamoroso.
Oggi termino qui, ma la questione delle morti strane in merito alla maxi tangente Enimont, ed altro, non finisce qui, vi rimando al prossimo articolo dove andremo a vedere insieme quelle di Gabriele Cagliari e Raul Gardini.
Accattoli Gabriele
2 commenti
Bello!!! Bravo!!!
Castellari di che partito era, DC ?